lunedì 25 maggio 2015

L'Europa salta per aria come nel 15


Il 2015 è un anno che non smentisce le premesse. Si stanno accumulando a poco a poco tutte le contraddizioni europee, che probabilmente potrebbero anche esplodere all'unisono in un fragoro fuoco d'artificio economico-finanziario. Ma non sarà una festa.

Tutto il lavoro svolto da Bruxelles, dalla Bce e dall'Fmi per lenire i problemi della crisi che ha investito l'euro nel 2010, potrebbero essere vanificati. Sforzi che del resto, bisogna ammetterlo se non si è ciechi di fronte alla realtà, sono stati inutili e dannosi. Infatti i denari che sono stati "investiti" nei vari salvataggi, non solo della Grecia, ma anche di Portogallo e Spagna non hanno fatto altro che far esplodere ulteriormente i debiti. Per non parlare della nostra Italia, il cui debito pubblico fa un record dietro all'altro. Tutto frutto delle perverse contradduizioni dell'euro.

Che cosa hanno migliorato gli interventi di questi enti sovrannazionali, se non i bilanci di alcune banche tedesche, e difficile capirlo. Tutti i soldi dei salvataggi sono serviti per lo più a mettere al riparo i creditori, che prima del 2010 avevano fatto pazzi investimenti nei paesi Piigs.
Sembra un secolo fa, eppure anche in Italia c'è stato un periodo in cui avere un mutuo era facile come fare la spesa al supermercato, e le banche erano così generose da offrirti più soldi del valore dell'immobile. Questa follia del passato ha interessato tutti i Piigs, in Spagna anche peggio che da noi. Oggi la paghiamo. Ma invece di pagarla metà ciascuno debitore e creditore, si pretende che siano solo i debitori a soccombere.

Le trattative sulla Grecia sono ad un punto morto, con le due parti che si minacciano a vicenda. Da una parte l'ex troika minaccia che se non si arriverà ad un accordo, cioè se Syriza non capitola sull'austerità, non arriveranno i nuovi fondi.
Dalla parte opposta il governo greco tenta di dividere i creditori: se non arriverà la prossima trance di prestiti sarà impossibile pagare l'Fmi. Forse la Grecia ha meno da perdere in questo momento, e quindi può tener duro e rischiare di far saltare il pagamento all'Fmi.

"La Grecia non è in grado di pagare le rate del prestito del Fmi perché non ha i soldi per farlo. la dichiarazione-choc è stata fatta dal ministro dell’Interno Nikos Voutsis ai microfoni della televisione Mega. «Le quattro rate per il Fondo Monetario Internazionale a giugno ammontano a 1,6 miliardi di euro. Questo denaro non sarà versato, perché non c’è», ha dichiarato.
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Il ministro delle Finanze greco Yannis Varoufakis, in un’intervista rilasciata alla Bbc, ha dichiarato che l’uscita della Grecia dalla moneta unica «sarebbe l’inizio della fine per il progetto dell’euro». «Se ci si trova in un’unione monetaria - ha aggiunto - uscirne è catastrofico». Varoufakis ritiene che «una volta che si mette nella testa degli investitori che l’euro non è indivisibile è solo una questione di tempo prima che tutto inizi a disfarsi». «La Grecia ha fatto enormi passi avanti raggiungendo un accordo. - ha detto Varoufakis - Spetta ora alle istituzioni fare la loro parte. Noi li abbiamo “incontrati” a tre quarti del percorso. Ora devono venirci incontro loro nell’ultimo quarto del cammino»."

(www.corriere.it)

"E si aggiunga che la Grecia ha i soldi in cassa per pagare le pensioni e gli stipendi di Maggio, forse anche quelli di Giugno (forse..) poi festa dfinita.

2- Continua il quinto mistero di Fatima per gli euroscettici, ovvero che “nonostante” l’austerity il popolo greco ha maggiore timore di rimettere in mano la moneta al proprio stato sovrano rispetto al terrificante e malvagyo Euro:
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Situazione che è destinata a ribaltarsi nel momento in cui non ci saranno più Euro per pagare il settore pubblico.

A quel punto qualsiasi pezzo di carta straccia colorata a corso forzoso e avente valore legale andrà benissimo.
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Cosa succede da domani:

1.Il mercato crederà ancora per un pochino che alla fine un accordo ordinato (che comprenda il default greco, inevitabile) si troverà.

2.I greci continueranno a ritirare cash (cioè Euro) dalle loro banche e continueranno a fare bonifici in banche non greche, consiglierei di evitare banche estere nella zona euro.

3.Le banche Greche continueranno a chiedere altro cash alla BCE.

Se si trova un accordo ovvero: sussidiare i greci e rinunciare a una parte consistente del credito che i contribuenti eurpei vantano verso la grecia i mercati vivacchieranno tranquilli.

Se non si trova un accordo ovvero: l’Europa smette di sussidiare i Greci e gli fa implodere il 100% del sistema bancario zombie in tempo zero e ovviamente rinuncia lo stesso a vedere onorato il credito vantato dai contribuenti europei verso la Grecia (il pagamento di quel debito non è una questione che si accorda con la realtà). A quel punto il mercato ballerà. Francamente però non credo che il Default o il Grexit abbiano un impatto immediato sull’architettura dell’Euro. Nel medio periodo sarà più una questione politica che finanziaria. Anzi è sempre stata una squisita questione politica.
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alla fine di questo casino andrebbe fatta una critica seria alla Germania, ovvero sulla oggettiva inefficacia della sua leadeship in Europa."

(www.rischiocalcolato.it)

Si alla fine ci dovremmo chiedere perché abbiamo accordato tanta fiducia alla Germania, ma a questo punto direi che è troppo tardi per le recriminazioni nazionali. Abbiamo già superato il punto di non ritorno. La situazione critica in Grecia sta contaggiando l'Europa periferica.

Ad ogni modo che venga concesso alla Grecia il permesso di evitare l'austerità, o che ci sia un grexit in piena regola, si tratta sempre di dover prevedere una forma di default. I creditori in entrambi i casi perdono molti soldi, per questo la ex troika non vuole cedere a tutti i costi. Ma è in gabbia tanto quantio il governo di Tsipras. E se poi l'ex troika cedesse, si formerebbe la coda ai cancelli delle istituzioni europee per avere altre deroghe, permessi, soldi ecc. e quindi il sistema finanziario ne verrebbe minato definitivamente.

"in Grecia dove si sta arrivando a grandi passi al momento decisivo: Atene non ha piegato la testa al summit di Riga, ma personalmente continuo ad avere la sensazione che ci siano dei non detti essenziali dentro la visione di Syriza, che si viva un po’ alla giornata in attesa degli eventi, come dentro a un “punto zero” nel quale tutto possibile. A mio personalissimo parere se non si è ancora arrivati al redde rationem è anche perché la stessa controparte europea non sa bene che fare. Non può tollerare disubbidienze riguardo ai massacri sociali in nome della moneta unica anche se è ormai noto che essi sono controproducenti: l’economia in sé c’entra relativamente, è la politica che sta dietro a tutto questo che conta.
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ora sembra farsi strada l’idea di una parziale retromarcia rispetto alla prima linea Schäuble: una robusta ristrutturazione (leggi cancellazione) del debito purché però non vengano disattesi i dikat della troika che impongono di colpire a morte le pensioni, licenziare decine di migliaia di persone, abbattere ancora i salari e qualsiasi tutela sul lavoro, privatizzare tutto il privatizzabile, compreso il territorio.
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Le cose però non sono così facili: dietro tutto questo si nasconde una bomba atomica creata dalla tracimazione del sistema finanziario che non conosce più limiti: sia l’uscita della Grecia dall’euro, sia una cancellazione del 50% del suo debito avrebbero oggi enormi conseguenze. Qui non si tratta più dei 350 miliardi di titoli sovrani emessi da Atene per far fronte a situazioni sostanzialmente create dalle imposizioni austeritarie conseguenti a Maastricht, si tratta invece di una cifra probabilmente dieci volte maggiore, a stare bassi, dovuta alla massa enorme di derivati sottoscritti dalle banche ( in particolare Deutsche Bank e Paribas) come assicurazione contro il ribasso dei titoli greci. Sarebbe in ogni caso un bagno di sangue a testimonianza del vicolo cieco nel quale si trova l’Europa della moneta unica con i suoi aedi, turibolatori e speculatori: quella che alla fine rischia di crollare tutta insieme al prossimo terremoto senza preparazione e senza preavviso o di diventare una dittatura del denaro."

(ilsimplicissimus2.wordpress.com)

E mentre la Grecia agonizza, arrivano altri segnali inquietanti per l'élite finanziaria europea. Le elezioni regionali e municipali in Spagna, e quelle polacche hanno dato un esito non propriamente auspicabile per Bruxelles. Sono elezioni che esprimono messaggi diametralmente opposti, ma con unico denominatore comune: l'antipolitica che punisce i partiti di centro ed il rifiuto verso questa Unione Europa.

E' una serie di mazzate devastanti.

"Il terremoto annunciato per la politica spagnola alla fine si è verificato alle amministrative e regionali di ieri (gli spagnoli sono andati alle urne per rinnovare 8.122 municipalità oltre che per assegnare i seggi nei parlamenti di 13 delle 17 regioni del Paese), che hanno visto i post-indignados di Podemos prendere Barcellona, avvicinarsi anche alla conquista della capitale e imporre ai due grandi partiti tradizionali Pp e Psoe un drastico ridimensionamento: 4 anni fa i popolari aveva ottenuto la maggioranza assoluta in 8 regioni, oggi devono scendere a patti con altre forze politiche."
(www.ilfattoquotidiano.it)

E' un campanello d'allarme drammatico per i poteri finanziari europei ancora alle prese con la crisi greca irrisolta. Perché in Spagna si voterà alla fine del 2015, ed anche quella nazione potrebbe precitare in un vortice simile a quello greco. A quel punto Bruxelles e Berlino potrebbero ritrovarsi con due paesi avversari e coalizzati contro l'austerità. E una crescente massa di debiti pubblici e prvati sempre più barcollanti ed ingestibili. L'euro e gli spread potrebbero tornare a volare sulle montagne russe.

A questo punto si può anche affermare che il quantitative esaing della Bce dimostra tutta la sua insufficienza. Probabilmente Draghi dovrà sbacare alla grande per fronte ad una tempesta sempre più forte e travolgente. Dovrà cominciare a comprare debito pubblico di qualsiasi genere, senza garanzie e senza fare troppo lo schizzinoso.

La Spagna mi ricorda per certi versi gli Usa: dove c'è una ripresa economica micidiale, sono entrambe un modello da seguire per tutti, salvo poi che Obama perde clamorosamente le elezioni di medio termine, ed ora anche il Patido Popular segue la stessa sorte. La ripresa è così forte che americani e spagnoli non se ne sono accorti...

"in Polonia si è votato e con qualche sorpresa ha vinto un candidato di un partito centrista alternativo a quello di governo (in Polonia la sinistra è completamente scomparsa)
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Andrzej Duda è il nuovo presidente della Polonia. Al ballottaggio ha battuto con il 53% Bronislaw Komorowski, esponente della Piattaforma civica (Po), il partito centrista che domina la scena politica dal 2007. Duda è invece membro di Diritto e Giustizia (PiS)
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Perché Duda ha vinto? Perché i polacchi non hanno confermato Komorowski, vista la buona situazione economica del paese, che continua a registrare tassi di crescita superiori non solo a quelli dei vicini, ma alla media europea? Una spiegazione l’ha fornita il nostro redattore Pierluigi Mennitti. In un suo articolo alla vigilia del ballottaggio aveva ricordato che le tendenze di voto in Polonia ricordano sempre più quelle occidentali. Anche nel più grande paese dell’Europa centrale emerge infatti il malcontento verso i partiti tradizionali e sorge un’unione tra apocalittici e integrati, tra vinti e vincitori della transizione, come della crisi.
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Una componente moderna, senza con questo attribuirle alcun giudizio di merito, simile a quelle presenti in tanti paesi dell’Europa occidentale, allo stesso tempo frutto del benessere conseguito in questi anni dalla Polonia e dell’inevitabile diseguaglianza con cui si è spalmato sulla società.

Apocalittici o integrati, arrabbiati o apolitici, indignati anti-corruzione o semplici scontenti della politica: un magma di istanze, a volte anche contraddittorie fra di loro, più facilmente unificabili da un outsider stravagante come Kukiz
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l’errore di Komorowski è stato quello di cullarsi sulla stabilità del paese e di non capire che fuori dal palazzo la gente era insoddisfatta."

(www.rischiocalcolato.it)

E non finisce qui. Persino nelle lande ritenute più "sicure" dagli euro-burocrati sta germogliando il germoglio della rivolta.

"Gli Austriaci Stanno per Chiedere di Uscire dall’Europa (Iniziativa Popolare dal 24 Giugno al 1 Luglio 2015)

Eppure, segni del risveglio popolare, di fine della passività, si notano. A volte senza far rumore. Il 7 gennaio 2015, un progetto di iniziativa popolare (Volksbegehren) sulla uscita dalla UE è stato accettato dal ministero austriaco dell’Interno. Anche se questa speciale forma di democrazia diretta è prevista dalla legge fondamentale austriaca, non è stato facile: la prima raccolta di firme (diecimila) è stata ritenuta ininfluente dalla Corte costituzionale. Una seconda raccolta, con firme raddoppiate, non ha potuto più essere gettata nel cestino. Sicché, tra il 24 giugno e il primo luglio prossimo, per otto giorni, tutti gli austriaci potranno iscriversi sulle liste ufficiali del loro comune per esprimere ufficialmente, con la loro firma, la loro volontà di uscire dalla UE.

Qui sotto, un estratto del testo ufficiale dei promotori dell’uscita dalla UE:

• Solo l’uscita dalla UE ci permetterà di sfuggire ai famigerati accordi transatlantici di libero scambio tra UE ed Usa (TTIP) e Canada (CETA).

• L’Austria recupera una parte minima dei miliardi di euro annuali che servono alla ‘promozione’ della UE. Per questi pagamenti annuali, noi siamo contributori netti da venti anni.

• L’Austria non ha nemmeno il ‘diritto’ alla co-decisione sull’utilizzo di questi fondi.

• A conti fatti, l’appartenenza alla UE dopo 20 anni è un affare in perdita per l’Austria, ha condotto a diminuzioni delle prestazioni sociali e degli investimenti pubblici in favore della popolazione.

• Se esce dalla UE, l’Austria non economizzerà solo i pagamenti annuali in qualità di contributore, ma anche i diversi «fondi di salvataggio per l’euro».

• Le obbligazioni di deposito (che valgono miliardi di euro) per il Meccanismo europeo di stabilità e le enormi garanzie per il Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF) sarebbero cancellate.

• L’Austria potrebbe reintrodurre la sua moneta e condurre una politica monetaria che serva anzitutto alla sua economia nazionale.

Ed ecco la conclusione del testo:

«Vogliamo di nuovo vivere in un Paese libero e neutrale senza essere una ‘colonia’ di Bruxelles e di Washington. Non vogliamo essere trascinati in conflitti all’estero che non ci riguardano affatto e sono un vero pericolo per la pace. Fermiamo subito queste pretese, altrimenti sarà troppo tardi».
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Purtroppo la democrazia diretta austriaca non è forte e compiuta come quella svizzera e dunque le Iniziative Popolari (Volksbegehren) non hanno una forza di legge che impegna il parlmento a eseguirle.
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gli Austrici, li conosco molto bene per questioni che riguardano le mie origini familiari, e credetemi, sono il popolo europeo con lo spirito più libero (e libertario) che esista. Non a caso hanno (ancora, e dovranno lottare per mantenerlo) scritto nella loro costituzione il diritto al segreto bancario. Sotto traccia e nemmeno troppo in Austria sta divampando un odio viscerale verso le ingerenze europee, Haider non fu un “incidente della storia” e mi aspetto che dall’Austria e dai suoi cittadini esploda la critica più radicale e vincente alle urne verso Euro e Europa."

(www.rischiocalcolato.it)

Qui sta per saltare tutto. Non so immaginare quali tipi di turbolenze economiche, sociali e politiche tutto questo sommovimento del '15 potrà provocare. Mi spaventa il fatto che in questi giorni si commemorino i 100 anni dall'inizio della prima guerra mondiale. Purtroppo mi pare ci siano tutte le premesse per veder crescere enormi contrasti e tensioni fra i popoli europei. La moneta unica, invece di unire l'Europa, la sta portando di nuovo al disastro. Speriamo che l'esperienza del secolo breve, l'amicizia fra i popoli europei, ed il buon senso permettano di evitare il peggio.

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