lunedì 11 agosto 2014

Non tutti i giornalisti sono servi della gleba


Ricordo nel 2011 alcuni editoriali sui giornali che minacciavano l'arrivo della troika. Cioè se Berlusconi non avesse lasciato la carica di Primo Ministro (come poi fece) l'Italia rischiava di essere assoggettata alla troika dall'Europa. E quindi si paventavano tutti gli effetti nefasti che la cosa avrebbe comportato.

Oggi invece è cambiato tutto, soprattutto nel campo di sinistra, quello che temeva l'arrivo della troika per colpa del Cavaliere. E' bastato che (probabilmente) De Bortoli l'abbia citata (seppur in negativo) e soprattutto che Scalfari l'abbia invocata come una liberazione. La troika si è trasformata da concetto negativo a nuovo ideale paradiso in terra, il nuovo sol dell'avvenire.

Persino il Premier che rappresenta (o forse meglio dire rappresenterebbe) il governo di una nazione libera ed indipendente, alla minaccia dell'arrivo della troika sorride: se è un affondo allora io affondo. Ben lieto di affondare per lasciare il posto di governo allo straniero. Perfetto... e naturalmente nessuna protesta eclatante sui media per affermazioni di questo tenore di gravità. Se l'avesse solo accennato Berlusconi, apriti cielo!

I giornalisti e le redazioni che fanno? Si indignano, strepitano in urli e strazi di dolore? Macché, si adeguano e cambiano linea. La troika oggi è cosa buona e giusta. Magari rimangono un po' perplessi per l'improvviso cambio di rotta, ma si adeguano.

Appena poche ore dopo che Scalfari ha invocato l'arrivo della troika, ha risposto immediatamente Draghi, affermando che è giunto il momento della cessione di sovranità per fare le riforme. Tanto che uno si chiede se i due per caso si vedano in qualche "tempio di liberi muratori" il sabato sera con tanto di grembiulino, per poi la domenica cantare la stessa messa. Uno prepara il terreno "culturale" e l'altro quello "tecnico". Alla fine le minacce di Draghi non cadono mai nel vuoto, e quindi nei prossimi mesi dovremmo aspettarci qualcosa. Qualcosa che non sarà per niente bello.

Intanto i giornali si sono occupati di altro, delle scaramucce politiche sulla riforma del Senato, cioè su chi la voleva di ispirazione più nazista e chi fra i moderati la voleva di ispirazione più fascista. Siamo allo sbando democratico totale e l'opinione pubblica non reagisce, poiché ormai è controllata da questi media che silenziano tutto, o distorcono tutto, o comunque pur informando non danno il dovuto risalto alle cose.

Così se si chiede in giro a un comune cittadino della situazione italiana, ben pochi, quasi nessuno direi, sa che oggi le cose sono di molto peggiorate rispetto ai mesi concitati del 2011. Qualcuno sa del debito pubblico alto, tutti sanno dell'aumento delle tasse, pochi si preoccupano veramente delle aziende che chiudono, pochi sanno della tremenda caduta della produzione industriale e dei consumi.
La stampa tace e spizzica le notizie sottovoce per non disturbare i conducenti. Il popolo è massimamente disinformato per non creare sacche di malcontento sociale.

Fra chi informa per mestiere, quelli che si indignano della situazione economica, politica e sociale dell'Italia sono ormai pochi. Perché ormai sconfitto Berlusconi, alla sinistra non importa più nulla di indignarsi e dare informazione libera e veritiera. L'unico quotidiano di cui ci si può ancora fidare è "Il fatto quotidiano", che infatti non è sussidiato dallo Stato. Ma ancora per quanto? E poi dover far affidamento su un'unica fonte di informazione libera è una vera e propria miseria. Negli altri quotidiani e nell'informazione Tv ormai c'è un'unico coro in favore di Renzi e Berlusconi. Uno dei pochi giornalisti che riesce a stare fuori dal coro, che non è nemmeno di sinistra, è M. Foa. Riesce a farlo malgrado curi un blog su "il Giornale":

"La minacciosa dichiarazione di Draghi è stata accolta, come da programma, con un inchino dalla maggior parte dei media e dei partiti. Nulla di sorprendente, è da sempre così. Ma è scandalosa e al contempo illuminante.

Scandalosa perché non spetta al presidente di un istituto finanziario, che viene nominato e gestito secondo principi che non sono democratici, pretendere da Paesi democratici la cessione di sovranità. Non spetta in nessun caso né a Draghi né a esponenti della Bce o dell’establishment di Bruxelles pretendere un gesto assoluto che sovverte i principi delle nostre democrazie. Equivale a evocare un golpe e l’occupazione (non militare ma per il tramite forse ancor più potente della finanza) di Paesi basati sulla sovranità popolare. Questo è INACCETTABILE.

Ma come si permette il signor Draghi?

Illuminante per due ragioni. La prima, come ha titolato ilgiornale.it, Draghi e le élite a cui egli appartiene hanno gettato la maschera: la cessione definitiva e irrevocabile della sovranità nazionale è – da sempre – uno dei loro obiettivi, che fino ad oggi però non avevano mai ammesso apertamente. Ora hanno dichiarato le loro intenzioni che sono inquietanti: vogliono privare i popoli europei dei propri diritti fondamentali e sottometterli a una dittatura tecnocratica, E’ giusto? E’ accettabile? Davvero interi popoli devono chinarsi – e per di più sentendosi in colpa – di fronte a questa élite autonominatasi? O sono solo io a vedere il pericolo?

La seconda ragione è più sottile. Il discorso di Draghi, subito sottoscritto dal mirabolante premier Renzi, è il seguente, L’Italia è in questo stato perché non ha fatto i compiti, dunque oggi merita di essere punita. La verità, come spiegato benissimo da Alberto Bagnai e da altri economisti sia di destra che di sinistra, è esattamente opposta: l’Italia è in queste condizioni di declino strutturale perché da oltre un decennio ha adattato la propria economia a regole – i parametri di Maastricht – e accolto amorevoli “diktat” – ispirati dalla Troika – che sono, riguardo ai fondamentali economici, insensati e del tutto controproducenti per il tessuto economico italiano, come per quello della maggior parte dei Paesi europei tranne la Germania.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la splendida e un tempo invidiata industria italiana, sta morendo per colpe non sue. L’economia reale continua a indietreggiare, i giovani non trovano lavoro, la disoccupazione esplode, il settore immobiliare crolla, il numero dei poveri aumenta. E quasi vent’anni di sacrifici per tentare di ridurre il debito pubblico non sono serviti a nulla perché il debito pubblico ha continuato a crescere a causa non di spese pubbliche fuori controllo (lo Stato italiano spende meno di quel che incassa!!!) ma dalla spirale devastante degli interessi sul debito pubblico.

Il regresso è drammatico in termini economici, civili e sociali. E volete continuare su questa strada? In fondo al tunnel c’è la povertà assoluta, c’è la disperazione sociale, c’è l’annientamento delle regole del mercato.

Che gran risultato!"

(blog.ilgiornale.it)

Questo è parlar chiaro!

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