mercoledì 9 gennaio 2013

Federalismo confuso



La macro regione del nord, è un concetto un po' più ristretto della Padania. Ma come per quest'ultima non esiste un'identità macroregionale al nord. Ci si sente veneti, lombardi o piemontesi, ma non esiste questo sentimento diffuso di fratellanza fra i "popoli" del nord Italia.

Mi pare che questo nuovo progetto/slogan della Lega sia solo la scusa per rinnovare l'alleanza con il Pdl e niente di più. Un'alleanza strategica dal punto di vista di Berlusconi, che così può creare enormi problemi agli avversari. In questo modo Berlusconi getta Monti nelle braccia di Bersani (o viceversa). E non lo fa di sicuro per fargli un favore.

La Lega invece non porterà a casa nulla. Anche ammettendo che Maroni vinca in Lombardia, a livello nazionale il centro destra non ha per il momento speranze di farcela. Quindi il progetto di una macro regione del nord non avrà mai l'avallo del Parlamento. Inoltre è un progetto che rischia di nascere già claudicante:

"Cota, con il lancio di due fondi immobiliari pensa di portare in tempi rapidi nelle casse regionali circa 600 milioni di euro. La ratio dell’iniziativa è semplice: la Regione raccoglie immobili sui quali può esprimere anche una valutazione, si costituisce un fondo, si affida a una Sgr (società di gestione del risparmio) la quale, nel momento in cui acquisisce la disponibilità del patrimonio, anticipa all’Ente subito una somma (600 milioni, appunto).
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Nel secondo fondo, definito Fondo immobiliare sanitario (Fis), confluiranno immobili degli ospedali per un miliardo di valore, avrà durata venticinquennale, potrà indebitarsi per 350 milioni e le quote di partecipazione saranno del 66% delle aziende ospedaliere e del 33% di investitori terzi (identificati come investitori etici, quindi fondazioni bancarie, fondi pensione). Il secondo fondo comprende pure gli immobili ospedalieri destinati all’attività di ricovero"


In Piemonte il dissesto finanziario è sempre più grave (intorno a 1,6 miliardi di debito non onorabile) e non è detto che alla fine la giunta regionale venga commissariata. La macro regione leghista perderebbe già un terzo della sua estensione.

Secondo Ricolfi (La Stampa), in realtà il progetto federalista della Lega è spesso cangiante: viene perseguito in campagna elettorale ma poi abbandonato o cambiato in Parlamento. Anche in questo caso, l'idea di trattenere il 75% delle tasse in Lombardia sa molto di slogan elettorale:

"... mi piacerebbe sapere come mai ritornano a un progetto che avevano già abbandonato e che, guarda caso - proprio come nel 2008 - agitano in campagna elettorale, senza porsi il problema della sua attuabilità in Parlamento. Insomma, la mia impressione è che la Lega da molto tempo non sia più federalista, e che il 75% di tasse trattenute al Nord sia solo uno slogan per intercettare il malcontento degli italiani
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Trattenere significa non mandare a Roma, e fin qui tutto bene, almeno per chi crede che i produttori - lavoratori e imprese - siano ingiustamente vessati in Italia. Ma trattenere può significare anche lasciare al cosiddetto territorio e ai suoi amministratori locali, di cui Maroni - come governatore della Lombardia - si candida ad essere l’esponente più importante, al posto del tramontante o tramontato Formigoni. In breve, trattenere può voler dire lasciare sì i soldi in Lombardia, ma perché i suoi politici li spendano meglio dei politici di «Roma ladrona». Già in occasione della ventilata (e osteggiata dalla Lega) abolizione della province, la Lega ha dato ampia prova della sua mutazione in partito del governo locale, che tutela innanzitutto gli interessi dei suoi amministratori, anche loro - come quelli degli altri partiti - affamati di quattrini da trasformare in spesa pubblica.
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Perciò - per favore - cambiate quel verbo. Per far ripartire la locomotiva del Nord le tasse non vanno «trattenute», bensì «restituite». Il che, in italiano, si dice in modo ancora più semplice: le tasse vanno abbassate. Così è più chiaro. "

(www.lastampa.it)

Quindi gli interessi leghisti sarebbero molto più venali e in pratica corrispondenti con gli interessi della "casta" del nord. L'alleanza Lega-Pdl è un incontro di interessi, nulla più. Come del resto è evidente a tutti. L'interesse di Berlusconi è si vincere, ma un obiettivo velleitario. Per ora vuole raggiungere l'obbiettivo descritto dalla cartina superiore che mostra la probabile distribuzione del voto al Senato (www.rischiocalcolato.it): riuscendo a vincere in Lombardia e Veneto e pareggiare in Sicilia il centro destra farebbe ottenere al centro sinistra 148 seggi (maggioranza 158) non sufficienti ad avere la maggioranza.

Berlusconi ha in mente una chiara strategia: obbligare alle nozze centro sinistra e montiani. Il centro neo democristiano non vede l'ora, nel Pd sono più perplessi, e giustamente vorrebbero fare da soli. Un centro sinistra autonomo e circoscritto a due o tre partiti sarebbe meglio per la stabilità del governo italiano. Anche se le politiche che seguirebbe non sarebbero molto diverse da quelle seguite da Monti, ma non è nemmeno poi così certo, visto che la coalizione sembra sempre più sbilanciata a sinistra. E questo secondo me, non è affatto male, in quanto si dovrebbero controbilanciare le richieste della finanza ultra liberista europea.

Comunque, tornando alla Lega, la sua base ha perso già la pazienza. E' probabile che il carroccio perda per strada qualche simpatizzante. In effetti Casini ha detto una cosa vera: nella Lega si vergognano di Berlusconi. Per questo gli hanno chiesto di non candidarsi premier. Ma si sa, se si persegue un certo obiettivo di interessi  di casta, si devono fare dei sacrifici.

Quello che stupisce è che ci siano ancora molti elettori disposti a votare per il centro destra. Ma in realtà in Italia il voto è di tipo identitario, e quindi si è disposti a perdonare qualsiasi cosa alla propria parte politica. E Berlusconi sta cercando di riorganizzare le truppe, soprattutto quelle riottose, ma che non voterebbero nel campo opposto. E piano piano ci sta riuscendo. Anche il reclutamento della Lega in fondo è una riacquisizione del "suo" elettorato.

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