lunedì 21 gennaio 2013

Francia, crisi e guerra in Mali


Sentiamo parlare in tv e si leggono sui giornali di echi di guerra in Mali e in zone desertiche dell'Algeria: il tutto viene spiegato molto confusamente. Più o meno si è compreso che la Francia ha degli interessi in Mali e sta bombardando le postazioni di un gruppo fanatico islamico che ha occupato la parte sahariana di un paese assurdo che in realtà esiste solo sulle carte geografiche.
Ma le cose che ci vengono dette sui media principali sono piuttosto addomesticate e in parte taciute.

Una prima considerazione che va fatta, è sulla situazione francese. La Francia è una nazione, che per molto tempo è stata considerata una potenza economica al pari della Germania. Ed in effetti in passato, con il suo franco e la sua sovranità monetaria lo è stata. Oggi all'interno dell'eurozona, la Francia invece vede sempre più allontanarsi da queste posizioni.

"Poco prima delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario del Trattato dell'Eliseo gli esperti di politica estera di Berlino fanno un bilancio sullo stato delle relazioni franco-tedesche.
...
Parigi dovrà applicare i diktat di risparmio sul modello Hartz IV; se questi avranno successo o meno non è ancora chiaro, per l'opposizione dei sindacati francesi - diversamente da quanto è accaduto in Germania. A Berlino si guarda con scetticismo all'alleanza militare franco-britannica, chiaramente percepita come una minaccia per l'egemonia tedesca. Nel complesso gli esperti consigliano di abbandonare la finzione di due potenze di eguale forza alla guida dell'EU e di accettare la situazione attuale: l'egemonia tedesca.
...
I dati piu' recenti mostrano che il paese alla fine del 2012 è entrato in recessione. La disoccupazione ha superato il 10% - il valore piu' alto degli ultimi 15 anni. 2 agenzie internazionali hanno abbassato il rating sul debito francese. La crescente distanza nei confronti della Germania è mostrata dai deficit commerciali: mentre le esportazioni tedesche verso la Francia sono cresciute fino a 101.6 miliardi di euro (2011), l'export francese verso la Germania nello stesso anno ha raggiunto un valore di soli 66.4 miliardi di Euro. Il deficit commerciale, che alla fine si ripercuote in maniera negativa sul bilancio pubblico francese, ha raggiunto in questo modo la cifra record di 35 miliardi di Euro. E questo "significa che entrambi i paesi non sono piu' sullo stesso livello", secondo gli osservatori. La Germania "non ha solo rafforzato la propria posizione economica", ma nel corso della crisi ha trasformato la forza economica in forza politica e "accresciuto il suo ruolo di leadership nella politica europea". "Il primo elemento" è diventato "la precondizione fondamentale per il secondo"."


La Francia per molti aspetti si ritrova nella situazione italiana. Addirittura alcuni indicatori di bilancio ed economici son peggiori di quelli italiani. L'Italia ha una situazione di finanza pubblica più sostenibile sul lungo periodo (Vedi "L'Italia era sull'orlo del baratro?"), e una situazione di deficit pubblico migliore di quello francese.

La Francia non riesce per ragioni sociali (la forza sindacale e le resistenze dell'amministrazione) ed economiche (per esempio l'incredibile debolezza del settore auto) a competere con la Germania e a ristabilire la propria posizione di forza all'interno dell'eurozona. Temo che per rimediare stia valutando di attuare un'economia di guerra e rapina a danno di paesi ex coloniali. Ci ha già provato con la Libia, anche se sembra che non gli sia andata così bene. Ora ci riprova con il Mali: il suo obbiettivo è lo sfruttamento delle risorse naturali del paese africano.

Il Mali è una "non nazione", è uno strano residuato delle guerre coloniali africane. La sua conformazione strana sulle carte geografiche, ci conferma che è una specie di territorio di risulta in seguito alle divisioni territoriali operate dai colonialisti europei.

"La prima cosa che balza all’occhio della geografia del Mali è la sua affatto peculiare forma “a clessidra” obliqua, orientata da sud-ovest a nord-est, con un forte restringimento nella zona centrale. Come spesso capita per i paesi africani, anche i confini del Mali sono retaggio del passato coloniale, ossia dei settant’anni di dominazione francese. Non ritroviamo tale configurazione in epoche storiche precedenti. È il caso pure dell’Impero del Mali, da cui la nazione odierna prende il nome, che fu creato intorno al 1200 dai Mandinka, meglio noti in Occidente come Mandingo.
...
Di lì a poco l’Impero cominciò a frantumarsi e, tra i soggetti che conquistarono l’indipendenza, vi fu il regno musulmano dei Songhai, etnia della zona di Gao che oggi costituisce circa il 6% della popolazione maliana.
...
Al suo apogeo (ca. 1500) l’Impero dei Songhai riuscì effettivamente a governare su quasi tutto il Mali attuale, ma osservandone la conformazione, molto simile a quella dell’espansione dei Mandinka, ci si accorge che le grandi compagini statuali dell’area erano costruite attorno all’alto e medio corso del Niger, al fiume Senegal e alla Valle del Gambia.
...
mentre ha una vasta appendice desertica nel “bulbo” settentrionale della “clessidra”. Furono i Francesi, che conquistarono l’area negli ultimi decenni dell’Ottocento, a dare dopo varie modifiche questi confini al “Sudan Francese”, com’era da loro chiamato, il quale nel 1960 divenne indipendente col nome attuale di Mali.
...
Dei circa 14,5 milioni d’abitanti del Mali (meno d’un quarto della popolazione italiana) più del 90% si trova nella parte meridionale del paese. La sola capitale, Bamako, ospita ormai quasi due milioni di persone

...
Il 90% dei maliani appartiene a etnie subsahariane, il gruppo principale delle quali è quella delle lingue mandè
...

Appartengono a tale gruppo i già citati Mandinka, che danno il nome al paese, ma soprattutto i Bambara, un’etnia sorta dai Mandinka nel Settecento e che oggi costituisce quella predominante in Mali. I Bambara sono infatti il 36,5% della popolazione,
...
A un’etnia mandè appartiene grosso modo la metà della popolazione maliana. Poco meno d’un quinto degli abitanti del paese è invece d’etnia fulani: anch’essi distribuiti in tutta l’Africa Occidentale, furono i primi a convertirsi all’Islam
...
Il 10% della popolazione è però rappresentato da due etnie di nomadi settentrionali non subsahariani ma berberi: Tuareg e Mori.
...
uno dei pochi elementi uniformanti è rappresentato dalla religione. Il 90% dei maliani è infatti musulmano,
...
Come quasi tutti gli Stati “artificiali” e multietnici dell’Africa post-coloniale, anche il Mali dopo l’indipendenza ha faticato a trovare stabilità politica e sviluppo economico. Il Mali è uno dei peggiori paesi al mondo per Indice di Sviluppo Umano "
(www.comedonchisciotte.org)

Perché una nazione "non-nazione" così sgangherata dovrebbe interessare alla Francia? Lo spiega il corrispondente P. Cammerinesi:

"Apro i giornali e, come su altre, trovo su questa vicenda solo menzogne e mezze verità che la stampa mainstream si guarda bene dallo smascherare.

Partiamo dal pretesto – oops, scusate, volevo dire dalla giustificazione - dell’intervento: i cattivoni di turno, gli integralisti islamici, dopo aver sconfitto i tuareg del MNLA, che avevano proclamato l’indipendenza della regione dell’Azawad, stavano marciando su Bamako, la capitale del Mali, ormai spezzato in due e incapace di reagire.

Ecco che allora i ‘nostri’ - in questo caso i francesi - hanno lanciato l’operazione Serval, vero e proprio atto di aggressione militare, dichiarando di voler inviare 2.500 soldati per sostenere le forze armate del Mali nel conflitto contro i ribelli islamici.
...
Quello però che non mi torna è che in questo caso sono tutti d’accordo, ...
... 
anche i competitor della Francia, che venderebbero la madre pur di strappare alla ex-potenza coloniale brandelli di quei territori dove l’influenza francese è ancora pienamente operativa.

Scrive infatti l’autorevole TIME: “In Francia c'è una paura, probabilmente fondata, che un Mali in mano agli islamici radicali possa costituire una minaccia soprattutto per la Francia, dal momento che la maggior parte di questi estremisti islamici sono di lingua francese e molti hanno parenti in Francia
...
Pieno appoggio dunque.

Peccato però che il TIME non informi i suoi lettori sul fatto che Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) sia un alleato strettissimo del gruppo combattente islamico libico, quel LIFG a sostegno del quale la Francia è intervenuta a fianco della NATO nell’invasione della Libia dello scorso anno, fornendo armi, addestramento, forze speciali e anche aerei per rovesciare il legittimo governo di Gheddafi.

Proprio di quel Belhaj che ha guidato - grazie al sostegno della NATO - il rovesciamento di Gheddafi, gettando la nazione in un abisso di lotte intestine genocide.
...
E sapete dove sta ‘lavorando’ oggi il nostro Belhaj?

Guarda caso in Siria, dove - sul confine turco-siriano - sta promettendo armi, denaro e soldati al cosiddetto ‘esercito siriano libero’ anche questa volta protetto e affiancato dalla NATO.

Ma passiamo a casa nostra: da noi che si dice su questa vicenda?

Il Corriere titola: "L'intervento in Mali fa riscoprire ai francesi l'orgoglio nazionale" e Repubblica "La Francia all'attacco di Al Qaeda in Mali".

Più o meno dello stesso tenore tutti gli altri organi di stampa mainstream.
...
Abbiamo visto che la Francia non è sola in questa ennesima ‘guerra umanitaria’; è sostenuta da altri membri della NATO come Canada, Belgio, Danimarca e Germania e ora anche dall’Italia."

L'Italia ha dichiarato immediatamente l'appoggio militare ai francesi, al contrario delle titubanze mostrate dal governo Berlusconi nel caso della Libia. Perché in Libia, l'intervento militare francese era direttamente in contrasto con i nostri interessi nazionali. La Libia era una ex colonia italiana, da prima del fascismo. 
Nel caso del Mali, invece gli interessi inconfessabili dei francesi, sono in parte anche i nostri. Come per esempio quelli energetici: acquistiamo dalla Francia energia elettrica ad un prezzo molto basso. La Francia ha un surplus di produzione energetica grazie alle centrali nucleari, ma è comunque dipendente dall'uranio come noi lo siamo dal gas e dal petrolio. L'Italia ha interesse a continuare ad approvvigionarsi dall'energia nucleare francese. 

"Ebbene, come si diceva all’inizio, questo Paese africano ha qualcosa che non può non attirare l’ingordigia dei Paesi ricchi: le sue straordinarie risorse naturali.
Vediamo brevemente di che si tratta.

1) Uranio. L’esplorazione è attualmente in atto da parte di svariate aziende; se i giacimenti di Samit, nella regione di Gao sono solo di 200 tonnellate, nell’area di Falea si stima vi siano almeno 5000 tonnellate di uranio.

2) Oro. Il Mali è il terzo produttore africano d'oro ed è un Paese minerario da cinque secoli. Ha attualmente sette miniere d'oro attive: Kalana e Morila nel Sud, Yatela, Sadiola e Loulo ad Ovest, e Syama e Tabakoto che hanno recentemente ripreso la produzione. Altre miniere in progettazione sono sono: Kofi, Kodieran, Gounkoto, Komana, Banankoro, Kobada e Nampala.

3) Petrolio. Le perforazioni hanno indicato sin dagli anni ’70 del secolo scorso l’esistenza di giacimenti di petrolio (Taoudeni, Tamesna, Ilumenden, Fosso Nara e Gao). Mali potrebbe anche fornire un percorso strategico di trasporto sub-sahariano per le esportazioni di petrolio e gas verso l’occidente.

4) Pietre preziose. Diamanti, nelle regioni di Kayes e di Sikasso, granati e rari minerali magnetici (Nioro e Bafoulabe), pegmatite (Bougouni e Faleme), granati e corindoni (Le Gourma) e ancora: quarzo e carbonati, minerali di ferro, bauxite e manganese.

Si stimano in oltre 2 milioni di tonnellate le riserve potenziali di minerale di ferro situati nelle zone di Djidian-Kenieba, Diamou e Bale, mentre quelle di bauxite a Kita, Kenieba e Bafing-Makana si pensa siano 1,2 milioni di tonnellate.

E non è finita. Piombo e zinco (Tessalit con 1,7 milioni di tonnellate di riserve stimate), rame (Bafing Makan, Ouatagouna), depositi calcarei di roccia (Gangotery est, Bah El Heri), fosfato (Tamaguilelt, potenziale stimato in 12 milioni di tonnellate), marmo (Selinkegny e Madibaya), gesso (Taoudenit, Kereit), caolino (Regione del Nord, Gao), litio (Kayes e Bougouni), scisto bituminoso (Agamor e Almoustrat), lignite (Bourem), salgemma ( Taoudenni), diatomite (Douna Behri).

Niente male eh? Eppure secondo quello che ci raccontano i media mainstream, l'obiettivo di questa guerra non è altro che salvare le povere popolazioni - minacciate dai feroci guerriglieri islamici - di un misero Paese privo di risorse naturali…"

C'è una fettina di gloria e di bottino di guerra per tutti. Per questo tutti sono d'accordo a lasciar bombardare il Mali dai francesi. Anche la nostra Italia, cioè i nostri "poteri forti", concedono volentieri le basi e l'appoggio logistico ai francesi, in cambio di qualche commessa nelle future miniere e pozzi d'estrazione maliane. 

La Francia non potendo investire sulla propria potenza economica, ha deciso di farlo sulla sua potenza militare. In questo campo ha ancora una supremazia sulla Germania. Da potenza economico-manifatturiera vuole trasformarsi in potenza neocoloniale, sfruttando le ricchezze saccheggiate ad altre popolazioni.

Il fatto che l'Italia si stia armando con l'acquisto di aerei e sommergibili, mi fa temere che nelle "alte sfere" si stia pianificando per il nostro paese un destino simile. Cioè a fare da stampella militare alle varie potenze occidentali che di volta in volta andranno a "salvare" l'Africa e il Medio Oriente.

"Ce ne saranno altre da ‘salvare’; il Mali non sarà certamente l’ultimo Paese africano a essere aiutato dai nostri ‘liberatori’. È, infatti, più che verosimile che il coinvolgimento francese in Mali farà sconfinare il conflitto in Algeria – e la strage di ostaggi di oggi sembra davvero un presentimento - uno dei Paesi già da tempo nel mirino della ingordigia euro-americana, la quale vuole creare una catena di stati dove favorire regimi radicali da cui poi ‘liberarli’ per poterne infine ‘legalmente’ sfruttare le risorse energetiche come in Afghanistan e in Iraq.

Non trascurando di ingrassare – s’intende – le corporation delle armi; senza guerre come si fa a venderle, le armi?

Si tratta di un ‘nuovo ordine’ geopolitico accuratamente pianificato che ha preso le mosse dall’invasione della Libia - diventata oggi una roccaforte di Al-Qaeda - che è servita da vera e propria ‘rampa di lancio’ per altre ‘nobili imprese’...

Sempre con la benedizione di NATO e USA."


Nessun commento:

Posta un commento