mercoledì 23 gennaio 2013

Il Monti bis non è obbligatorio


L'avevo già scritto in un altro post: le tesi economiche di Brunetta (Pdl) a volte sembrano l'eco delle tesi di Fassina (Pd) e viceversa. Si era palesato in un confronto nella trasmissione di La7 "Omnibus". Non mi stupisce se fra i due ci sia un'intesa di massima, soprattutto per quanto riguarda la valutazione della disastrosa politica economica di Monti. Di cui entrambi sono sempre stati contrari. Brunetta non ha mai votato i suoi provvedimenti, Fassina non ha mai nascosto la sua contrarietà anche a costo di mettere in imbarazzo il Pd.

I due hanno un certo peso nei rispettivi schieramenti, ma non credo sia così determinante. Comunque potrebbero offrire una strada alternativa a quella già determinata dal Quirinale o dalle cancellerie straniere.

"Il tema è di quelli proibiti in campagna elettorale che, viceversa, potrebbe affacciarsi subito dopo il voto. Si tratta di un ipotetico accordo tra i due partiti maggiori.
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Esiste un’alternativa: sostenere o il Pd o il Pdl nella prospettiva che si mettano d’accordo per governare assieme. Non un esecutivo tecnico, come quello degli ultimi 14 mesi, ma politico. Un governo non di emergenza ma di unità nazionale.
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Bankitalia ha lanciato un allarme sui conti pubblici, che evidentemente non sono stati messi
sufficientemente in sicurezza dalle tecno-stangate. In un’economia depressa, al calo del Pil si somma la crescita delle spese sociali come quelle per la cassa integrazione. Il buco che si credeva chiuso si riapre da un’altra parte.


Si parla di una manovra primaverile da almeno 7 miliardi di euro. Una mungitura impopolare e forse
impossibile, v isto che il Paese è già stremato. Ma probabilmente inevitabile, se si dovesse sottostare alla lettera degli impegni presi con l’Europa. Soltanto un governo forte, con salda base parlamentare, frutto delle urne e non di situazioni d’emergenza, avrebbe il potere di spiegare all’Europa che certi impegni sono irrealistici e che la politica economica dell’eurozona va corretta.


Bersani potrebbe esplorare la via dell’intesa con Berlusconi. Il quale ha già detto che sulle grandi
riforme per rinnovare il Paese è disposto a lavorare con il Pd. E la difesa degli interessi italiani in Europa potrebbe rientrare a buon diritto tra le possibilità di collaborazione.
Sarebbe una «grande coalizione» sul modello del primo governo Merkel tra popolari e socialisti, guidata dal leader del partito che ha preso più v oti nelle urne, cioè − verosimilmente − Bersani. Il secondo partito, cioè il Pdl, potrebbe indicare per il Quirinale un nome che garantisca entrambi. Ed ecco un governo senza Monti, senza i centristi e senza massimalismi, capace di battere i pugni sui tavoli di Bruxelles."
(www.ilsussidiario.net)

Sarebbe evidentemente un tradimento degli elettori che si trovano sui due fronti opposti. Per altri sarebbe un evidente ritorno della vecchia politica incapace: ma se proprio bisogna essere onesti, la vecchia politica per un anno si è messa da parte. E i risultati ottenuti della "società civile" non sono stati particolarmente esaltanti, ne visti da destra, ne visti da sinistra.

La grande coalizione potrebbe quindi essere la soluzione migliore nel caso di risultati elettorali poco chiari: se il Pd non vincesse in Senato, sarebbe costretto a cercare i voti dei montiani. Ma da come procede la campagna elettorale non sembra la soluzione preferita di Bersani. Infatti il segretario Pd dicendo che non è il caso di rincorrere una manovra dietro l'altra, che non vuole la patrimoniale, ha in pratica preso le distanze dalla politica economica montiana tutta basata sulle tasse.

Un governo Monti-Pd-Sel (o senza Sel) potrebbe anche non durare a lungo. Il Pd potrebbe non essere più interessato a sostenere politiche antisociali come la "riforma" pensionistica comportante esodati, o la "riforma" Fornero dagli esiti incerti sul lavoro. Fare un governo claudicante per poi magari tornare alle urne dopo sei mesi, non sarebbe il massimo e pericoloso in questa fase di crisi.
Tanto vale trovare un accordo con i "nemici" del Pdl per chiedere tutti assieme una tregua o una revisione della politica economica imposta dalla Troika (ma soprattutto dalla Germania e messa in atto da Monti).




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