lunedì 3 dicembre 2012

democrazia e partiti (2)




Nel post "democrazia e partiti" avevo analizzato molto velocemente il rapporto fra le due componenti fondamentali dello Stato moderno:

"I partiti hanno bisogno di democrazia per svilupparsi ma non appena occupano il potere tendono ad autoproteggersi dalla democrazia stessa."

Lo dimostra la tentazione dei partiti italiani di aggiustare le regole democratiche in modo da favorire i partecipanti storici ed inibire l'accesso ai nuovi. Negli ultimi vent'anni si è messo mano piú volte alla legge elettorale per far risultare un certo tipo di Parlamento pianificato fra i maggiori partiti.

La democrazia all'interno dei partiti stessi fa molta fatica a fare breccia. E' sempre stato così anche quando i partiti erano ancora quelli novecenteschi e non quelli padronali di oggi.
...
Il Pd, malgrado abbia abbracciato lo strumento democratico delle primarie, utilizza ancora il vecchio sistema Dc. Il vertice è gestito da un comitato di interessi che non ha solo le tessere dietro di se, ma anche lobby importanti."


Si tratta forse di osservazioni superficiali, ma quello che è avvenuto tra Renzi e Bersani è la prova provata, del fatto che la democrazia è essenziale per la sopravvivenza dei partiti, ma che la stessa ha grandi difficoltà ad emergere all'interno dei partiti.

Anche il più democratico oggi in Italia, il Pd, che ricerca il suo leader con una consultazione elettorale, quando si rende conto che la "democrazia apparente" delle primarie non è più un plebiscito, ma rischia di trasformarsi in una scelta effettiva, tende a restringere il campo alla democrazia. Tenta di addomesticarla con norme che vanno a scoraggiare l'afflusso di nuova partecipazione, per difendere al massimo le scelte della gerarchia interna.

Così la scalata di Renzi al partito, non è stata vista come una competizione democratica, ma piuttosto come un'aggressione all'apparato di partito, ai suoi ideali e ai suoi interessi indicibili. Le primarie del Pd, quelle a livello nazionale, sono sempre state fatte per dare un supporto popolare alle scelte già compiute dai dirigenti, da un ristretto "cerchio magico" di lobby interne.
Questa volta il rischio era di stravolgere queste scelte e far saltare equilibri raggiunti magari con il bilancino da farmacista. Per questo tutto il partito che conta si è stretto attorno al segretario.

Scrive Adinolfi, l'anticipatore della "democrazia diretta" nel Pd, e sostenitore di Renzi:

"Nel gruppo parlamentare (oltre trecento membri tra Camera e Senato) il voto a Renzi è stato scambiato come sintomo di eccentricità, tanto il conformismo del tuttiperBersani è stato diffuso, nella convinzione che la tutela degli equilibri costituiti si difendesse mostrando deferenza al segretario, senza capire che gli equilibri sono saltati in aria da tempo, perché è cambiato il paese.
C'è stata poi la vicenda delle regole che ha il contorno grottesco ma inevitabile, date le premesse poste all'assemblea di ottobre, di lasciare fuori dai nostri seggi centinaia di migliaia di italiani a cui da lunedì chiederemo invece di votarci alle politiche."

(marioadinolfi.ilcannocchiale.it)

Ora però è tutto da dimostrare che chi ha sostenuto Renzi, sostenga poi Bersani alle politiche. Il Pd, respingendo il corpo estraneo renziano, ha probabilmente fatto una mossa autolesionistica. Può darsi che con Renzi candidato, molti elettori a sinistra avrebbero abbandonato il partito. Ma io penso che in compenso avrebbe recuperato un sacco di elettori nuovi, provenienti sia da sinistra che da destra.

Non ricordo in quale trasmissione televisiva, erano state riportate delle micro interviste ai partecipanti agli incontri del candidato Renzi in giro per l'Italia. Ne erano usciti dei tipi umani anche strani: chi era indeciso tra Renzi e Vendola (un assurdo essendo i due in campi contrapposti), tra chi era deluso da Berlusconi e avrebbe votato Renzi ma non Bersani, tra chi era indeciso tra un Pd di Renzi e il Movimento 5 stelle ecc.
Insomma, un campionario di elettori che probabilmente con la vittoria di Bersani, si orienterà in altro modo alle politiche.

Non che mi piacesse particolarmente il liberismo di sinistra di Renzi alla Blair, ormai completamente datato e fuori luogo oggi, ma credo che strategicamente il Pd abbia fatto un grosso errore. Si sia nuovamente lasciato sfuggire l'opportunità di diventare più rilevante rispetto all'assetto politico nazionale, che è sempre stato spostato dalla parte conservatrice. Quando la sinistra ha vinto, è stato a causa delle divisioni e della crisi della destra. La sinistra non è mai riuscita a conquistare i cuori e le menti degli elettori di centro destra, con Renzi forse ci sarebbe riuscita. Certo a scapito della sua identità, che comunque oggi è più che mai confusa.

La vittoria di Bersani rassicura il partito, ma forse soprattutto il suo ceto dirigente. Il problema è che fuori tutto si sta muovendo freneticamente, e il Pd dentro il suo fortino va avanti come se niente fosse spartendo incarichi e poltrone tra i vari notabili, in previsione della quasi certa vittoria alle politiche.

Intanto attorno al Pd, la società continua quella evoluzione che il partito ha voluto ricacciare. Iniziano le "primarie elettroniche" del Movimento 5 stelle, che mostra un altro tipo di democrazia interna.

"Anche l'ultimo nato il Movimento 5 Stelle ha qualche problemino con la democrazia interna. Si tratta di una formazione assai strana nel panorama politico.

E' un partito proprietario che però promuove al massimo il dibattito pubblico fra i suoi sostenitori attraverso uno strumento potenzialmente democratico come internet.

Ma poi le conclusioni non vengono votate dai rappresentanti del movimento in un parlamentino o assemblea. Viene trovata una sintesi direttamente dalla diarchia padronale che lo regge, senza nessun filtro."


Ora questo assetto democratico schizofrenico viene portato al massimo livello con le "parlamentarie", cioè con la scelta dei candidati al Parlamento nei vari collegi elettorali. Qui la particolarità di questa democrazia interna, non è tanto sul mezzo utilizzato, cioè internet, quanto sul metodo. Gli altri partiti cercano un modo di legittimare il leader, il M5s invece cerca dei candidati legittimati dalla scelta democratica interna. Il leader c'è già e non è in discussione.

"Tutti coloro che hanno accettato la candidatura si sono in precedenza presentati alle elezioni comunali o regionali per il M5S, non hanno precedenti penali, non sono in carica come sindaci o consiglieri, non hanno fatto due mandati. Può votare chi è iscritto al M5S al 30/9/2012 e ha inviato i suoi documenti di identità digitalizzati. Ogni votante ha a sua disposizione tre preferenze da attribuire a candidati della sua circoscrizione elettorale, al cui elenco viene indirizzato al momento del voto. Il voto non costerà nulla. Il M5S è un movimento no profit. Ogni candidato dispone di una pagina elettorale con le informazioni anagrafiche, il curriculum e una sua presentazione che può essere consultata prima delle votazioni che si terranno da lunedì 3/12/12 a giovedì 6/12/12 dalle 10.00 alle 17.00 di ogni giorno. Non sono primarie con leader (che brutta parola...) di cartapesta, ma "parlamentarie" con cui si comporranno le liste elettorali di tutta Italia senza l'intermediazione dei partiti. Non ci saranno "nominati" in Parlamento, ma cittadini che possono entrare come portavoce nella macchina dello Stato per renderla trasparente e democratica."
(www.beppegrillo.it)

Se Renzi si è lamentato dell'esclusione di suoi potenziali elettori, recriminando primarie meno chiuse, nel caso del M5s, la protezione dall'esterno è stata ancora più alta. Si è eretto una barriera impenetrabile tra iscritti con diritto di voto, e potenziali simpatizzanti, ma non iscritti, che non hanno alcun diritto.
Alcuni se ne sono lamentati, ma è anche una questione di giustizia. Chi non ha mai partecipato ai meet up, o agli incontri, o mai partecipato come volontario ai comizi, o non ha nemmeno riempito i campi per iscriversi via internet oggi non dovrebbe essere premiato per la sua pigrizia o ignavia. La politica è anche partecipazione attiva. Ci si deve spendere in prima persona con faccia e nome, non solo con un nikname nei blog (dovrei fare autocritica?).

Da un altro lato, però primarie chiuse, esprimono una certa sfiducia nelle scelte popolari, la paura che le scelte della dirigenza (diarchia in questo caso) del movimento possano essere messe in discussione. E questo atteggiamento non è propriamente positivo, ed è del tutto uguale a quello del Pd bersaniano.

Poi ci sono nuovi movimenti, come per esempio "gli arancioni", che non hanno ancora idee chiare sulla democrazia interna, su come interagire con i loro potenziali elettori.

"Da qualche anno mi chiedo perché la sinistra ami spasmodicamente l’informazione verticale, quella che discende super nos dagli intellettuali ..., dai piccoli apparati gelosi delle loro prerogative, dai giornalisti di nome.
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Dico questo perché oggi al teatro Vittoria di Roma c’è anche il primo appuntamento nazionale di “Cambiare si può“con l’intento di far nascere un nuovo soggetto politico antimontiano e antiliberista, un tentativo nel quale convergono personalità della società civile, di Alba, dalla Fiom, dai movimenti, dal popolo referendario per l’acqua pubblica, con l’attenzione anche di Idv e Rifondazione. Insomma qualcosa di arancione che si collochi tra l’alleanza Pd-Sel e prossimamente Udc e la carica antisistemica di Grillo.
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mi permetto di far osservare che il progetto ha certo bisogno di leader, di assemblee, di organizzatori e naturalmente di idee, ma deve dotarsi anche di strumenti per collegare e rendere possibile una discussione orizzontale con il maggior numero di gente possibile.
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E certo se Grillo non può essere una guida politica, l’esperienza dei meetup può invece essere in qualche modo ripresa e riscattata, creare un interesse e una partecipazione che certo non può essere garantita dai sistemi di comunicazione tradizionali. Non vorrei impancarmi in una discussione sulla termodinamica applicata alla comunicazione, ma ovviamente se essa è troppo ristretta finisce per avere un seguito piccolo ed esaurirsi, se troppo ampia e affidata solo ai canali sociali normalmente disponibili, rischia l’entropia dentro una ridda di afflussi poco significativi. Occorre qualcosa in cui sia facile entrare e confrontarsi, ma che allo stesso tempo ti faccia sentire parte di un progetto che nasce anche da te e non solo fra elites spesso autoproclamatesi tali."

(ilsimplicissimus2.wordpress.com)

La democrazia interna ai partiti non è mai stato un tema abbastanza dibattuto in Italia. Fin dall'inizio della Repubblica, i partiti avrebbero dovuto dotarsi di regole più democratiche, ma interessi contrapposti tra i vecchi partiti cattolici e comunista hanno impedito che si potesse fare più di un'affermazione generica:

"Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale." (art.49 Costituzione)

La Costituzione mette sempre in primo piano i diritti e le libertà personali, ma non si preoccupa del fatto che poi le organizzazioni politiche a cui i cittadini sono liberi di associarsi, siano giuste e democratiche. Ma del resto la Costituzione l'hanno scritta dei partiti che già all'epoca avevano dirigenze che difendevano con i denti, le posizioni di potere raggiunte. Non avrebbero accettato che una "democrazia interna" le mettesse in discussione.

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