mercoledì 24 settembre 2014

Crack... Crack... Crack... (3)


E' vero che scrivo post anti-tedeschi solo quando giungono messaggi negativi dalla Germania, come quello di ieri sulle Pmi. Quindi ammetto di trovare una certa consolazione nel detto "mal comune mezzo gaudio" come del resto molti italiani in questi ultimi anni. Ma è anche vero che da qualche mese dal core dell'eurozona provengono segnali contraddittori.
Solo alcune settima fa sembrava che venisse smentito il passaggio da crescita a stagnazione, come indicava il dato Pil tedesco del secondo trimestre.

"L’export tedesco sfonda per la prima volta la soglia dei 100 miliardi di euro. A luglio le esportazionidella Germania hanno toccato il record storico di 101 miliardi di euro, in crescita del 4,7% su base mensile, secondo quanto riferisce l’Ufficio federale di statistica. Al contrario le esportazioni sono calate dell’1,8%. Di conseguenza il surplus commerciale ha raggiunto i 23,4 miliardi di euro contro i 16,6 del mese prima e attese per un lieve rialzo, a 16,8 miliardi. Il surplus delle partite correnti è salito a 21,7 miliardi da 17,2 miliardi di giugno."
(www.ilfattoquotidiano.it)

Ma ancora qualche giorno primo, dalle parti di Berlino si incassava con stizza e mestizia questa notizia:

"I numeri sul Pil del secondo trimestre mettono a rischio l’impalcatura sulla quale l’Eurozona era uscita dalla crisi
...
La Germania, spesso considerata il motore economico d’Europa, ha fatto peggio del previsto con un -0,2% di Pil: primo dato negativo dal 2012, brusca frenata dal +0,8% di gennaio-marzo, e seria ipoteca sulla stima di una crescita vicina al 2% quest’anno."

(www.lastampa.it)

Se il dato sul boom dell'export aveva ringalluzzito gli estimatori della Cancelliera Merkel e dell'austerità, ieri il dato dell'indicatore Pmi "flash" di Hsbc/Markit ha mandato tutti in confusione. Estimatori e non della politica economica tedesca ed europea. C'è qualcosa che non funziona più lassù, tra kartofen e brezel. La locomotiva tedesca sta correndo o sta sferragliando verso il deragliamento?

"Le rilevazioni Pmi caratterizzano anche l'agenda macroeconomica del Vecchio Continente (gli appuntamenti della settimana).
Si parte con la Germania, locomotiva d'Europa ultimamente balbettante. Oggi si confermano le difficoltà: il Pmi manifatturiero scende a 50,3 punti dai 51,4 di agosto, con un tasso di crescita ai minimi da 15 mesi. Meglio il dato composito, che sale da 53,7 a 54 punti."

(www.repubblica.it)

Ritengo che il susseguirsi di dati contraddittori confermi che la Germania si sta danneggiando con le proprie mani. Continua a segare il ramo su cui siede. Imponendo l'austerità al mercato quasi-interno europeo, ha di fatto decretato la perdita di una parte consistente della sua produzione. 

Tale caduta non si avverte nell'export tedesco, ma andrebbe anche compreso come è composto questo dato. Se l'export fa un boom grazie all'esportazione di beni costosi e lussuosi, ma che impiegano poco capitale e lavoro, il Pil comunque cala. In poche parole se si vendono 10.000 mercedes lussuose in più, ma 1.000.000 di volkswagen di fascia medio bassa in meno, probabilmente le esportazioni nel complesso aumentano, ma la forza lavoro tedesca tende a ridursi. Quindi anche le Pmi tendono a produrre meno per mancanza di domanda.

Credo che il dato sulle Pmi incorpori sia la caduta di domanda interna tedesca dovuta al calo di produzioni per la classe media europea, che la caduta di domanda estera in generale. In ogni caso, come ho già scritto, dipendere dalla domanda estera come fa e propone il sistema tedesco, è sempre pericoloso. Ed anche ridurre ai minimi termini quella interna non è saggio, è come "autocastrasi". La riforma "Hartz" sul lavoro tanto apprezzata da renziani e neoliberisti, di fatto ha provocato la stagnazione della domanda interna tedesca riducendo i salari. 

Non è saggio massacrare il reddito dei propri cittadini, perché la domanda interna è sempre controllabile con le leve dello Stato, cioè la fiscalità e gli incentivi, e può sopperire a quella esterna nei periodi di crisi. Ma la politica tedesca dell'austerità estesa all'Europa intera è un suicidio prima di tutto tedesco. Prima hanno ucciso il mercato quasi-interno europeo, ed ora sta morendo quello interno vero e proprio tedesco.

"A dispetto della sua luccicante facciata, l'economia tedesca si sta sbriciolando al proprio interno. Così, quantomeno, la pensa Marcel Fratzscher.
...
Quando Fratzscher, capo del German Institute for Economic Research, tiene una conferenza, gli piace porre una domanda al pubblico: "Di che paese stiamo parlando?" Dopodiché inizia a descrivere un paese che ha avuto meno crescita rispetto alla media dei paesi dell'eurozona fin dall'inizio del nuovo millennio, dove la produttività è cresciuta solo di poco, e dove due lavoratori su tre guadagnano oggi meno di quanto guadagnavano nel 2000.

Di solito Fratzscher non deve attendere molto prima che le persone inizino ad alzare la mano. "Portogallo" afferma qualcuno. "Italia" dice un altro. "Francia" esclama un terzo. L'economista lascia che il pubblico continui a cercare la risposta giusta finché, con sorriso trionfante, annuncia la risposta. Il paese che stiamo cercando, quello con dei risultati economici così deboli, è la Germania.
...
L'industria tedesca vende automobili di alta qualità e macchinari in tutto il mondo, ma quando l'intonaco comincia a scrostarsi dai muri di una scuola elementare sono i genitori a dover raccogliere il denaro per pagare l'imbianchino. Le aziende e le famiglie posseggono attività e beni per migliaia di miliardi, ma metà dei ponti autostradali hanno urgente bisogno di riparazioni. La Germania ottiene più benefici dall'Europa rispetto alla maggior parte degli altri paesi, eppure i suoi cittadini hanno l'impressione che Bruxelles si approfitti di loro.
...
I tedeschi vedono il proprio paese come un motore di occupazione e un modello per le riforme per tutta l'Europa, dice Fratzscher ... Il paese sta percorrendo "un sentiero in discesa", scrive il presidente del DIW, e sta vivendo "delle proprie riserve".

Gli stessi buoni dati sul mercato del lavoro nascondono in realtà la più pericolosa debolezza della Germania.
...
Mentre all'inizio degli anni '90 il governo e l'economia investivano il 25 percento del prodotto totale per costruire nuove strade, linee telefoniche, edifici universitari e fabbriche, nel 2013 questo numero è sceso ad appena il 19,7%
...
L'economia tedesca evita da anni gli investimenti. Le aziende hanno quasi 500 miliardi di euro messi da parte in risparmi, secondo le stime del presidente del DIW, e tuttavia la proporzione di investimenti nell'economia privata della Germania è caduta da poco meno del 21 percento nel 2000 a poco più del 17 percento nel 2013.

Molti economisti concludono che le aziende sono preoccupate non solo per le strade che si sbriciolano, ma anche per la mancanza di lavoratori qualificati, le condizioni dell'eurozona, e i crescenti costi dell'energia. E questa paura, a sua volta, sta ostacolando i progetti per il futuro della Germania."

(vocidallestero.blogspot.it)

In un certo senso, la Germania assomiglia o comincia ad assomigliare all'Italia. Lo Stato non spende più, probabilmente perché come quello italiano non riesce a ridurre la spesa pubblica a sufficienza per mantenere alti livelli di investimento, e il terrore di fare deficit obbliga ad essere parsimoniosi anche quando non si dovrebbe.

Ma anche le industrie tedesche cominciano a comportarsi come quelle italiane: perché fare investimenti, se il mercato interno e quasi-interno europeo non tirano più? Perché le aziende italiane dovrebbero approfittare dei prestiti agevolati della Bce del programma Tltro, se i loro prodotti non trovano mercato (soprattutto quello interno)? Il tipo di domanda che si fanno gli imprenditori italiani e tedeschi è la stessa. Con la differenza che se fossero stimolati quelli tedeschi avrebbero proprie risorse da investire, mentre quelli italiani ormai sono all'osso e dipendono dall'incentivazione di qualche ente esterno (ora non più lo Stato italiano, ma la Bce).

La realtà è che abbiamo sbagliato a lasciar fare alla Germania. Probabilmente ha ragione chi dice che i tedeschi non capiscono niente di economia, altrimenti non avrebbero combinato certi disastri storici come l'iper inflazione degli anni trenta. O molto più probabilmente anche loro sono vittime/carnefici inconsapevoli della comune disgrazia chiamata euro. Una moneta che ci ha ingabbiati in un mondo perverso e ingestibile. Ma ormai è partito un dibattito fra le élite (estere) sulla moneta unica, che potrebbe in breve portare a qualche decisione importante (vedi: "Bisognerebbe indire un concorso nazionale per il nuovo nome della moneta italiana" - "Trappola del debito" - "Siamo agli sgoccioli. L'euro non è più bello come prima.") compresa la permanenza o meno dell'Italia nell'euro.


Nessun commento:

Posta un commento