lunedì 8 dicembre 2014

Lo spappolamento dell'Italia



Per Bottarelli (www.ilsussidiario.net) l'Italia sta per essere investita da un meteorite, anche se per ora non è chiaro da quale direzione arriverà. Anzi peggio, una tabula rasa che non ci consentirà più di riprenderci dalla botta. E' un articolo devastante quello di Bottarelli, ma comunque potrebbe avere più di un fondo di verità.

"Ricordate il 2011, l’impennata dello spread a seguito della vendita da parte di Deutsche Bank di circa 9 miliardi di debito italiano
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tra fine aprile e maggio del prossimo anno potremmo vivere la versione 2.0 di quella stagione, con conseguenze però decisamente più nefaste
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Nonostante le belle parole - « ... il possibile acquisto di titoli di Stato avverrà in maniera tempestiva, se necessario ... il governatore della Bce non ha fatto altro che prendere ulteriore tempo ..."

Secondo Goldman Sachs, la banca d'affari di cui Draghi è stato dipendente, il Qe in grande stile europeo si farà. E si prodiga quindi in dichiarazioni in cui stima addirittura quanti Btp e altri bond verranno acquistati. Ma l'ottimismo di Goldman Sachs potrebbe nascondere qualcosa di più meschino, secondo Bottarelli: infondere ottimismo in modo che si acquistino titoli di Stato dei Piigs e che quindi la banca d'affari possa disfarsene in tempo. In definitiva si contribuisce ancora una volta a gonfiare la bolla sui bond dei periferici per poi approfittarne.

Ma se si dipingono cieli rosa di quantitative easing, in realtà ci sono brutti segnali all'orizzonte che fanno presagire l'arrivo del peggio:

"al netto dei sempre più gli allarmanti dati macro che sembrano invocare a gran voce il Qe, c’è però chi non si fa abbindolare da certe pantomime, come ad esempio Bill Blain della Mint Partners, il quale ha dichiarato senza tanti giri di parole che «tutti i rendimenti della periferia dell’Ue sono impazziti, bisognerà vedere chi sopravviverà quando arriverà l’inverno. E l’inverno sta arrivando». E sapete perché? Per una ragione semplice semplice: c’è un chiaro segnale che ci grida in faccia l’ipotesi di un imminente schianto dei mercati. E non è un indicatore astruso come l’Hindemburg Omen, ma una discrepanza da primo anno di economia: prezzo dei titoli azionari alti e contemporaneo schianto dei rendimenti obbligazionari sovrani e del prezzo delle commodities. Un cortocircuito, visto che la valutazione alta delle equities è - o dovrebbe essere - indicativa di fiducia e ottimismo degli investitori, mentre rendimenti dei bond in calo e discesa dei prezzi delle materie prime ci segnalano l’esatto contrario, ovvero l’emergere di pressioni deflazionistiche e rallentamento dell’economia."

(vedi: Ci sbateranno fuori dall'euro)

"il mercato azionario sembra oggi quello del 2000 e del 2007, tanto che il mini-crash di ottobre, troppo sottostimato da molti analisti, potrebbe invece essere rivelatore di quanto ci attende. Insomma, tutti in modalità risk-on, tutti a comprare. Ma questa situazione è anche una meravigliosa occasione per qualcuno di sfruttare il momento, scaricare il debito della periferia Ue che detiene in portafoglio a prezzo interessante e osservare le macerie della prossima ondata di recessione
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Due dati sono fondamentali per capire: primo, le detenzioni nel portafoglio delle banche tedesche di titoli di Stato della cosiddetta periferia dell’Ue da qui a febbraio e, secondo, l’attività della Borsa di Stoccarda, quella dove si trattano i titoli di Stato sovrani
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il sistema bancario tedesco ha continuato ad alleggerire la sua esposizione al rischio di un default a Roma o di rottura dell’euro."

E quindi secondo Bottarelli potrebbero avverarsi tre scenari, tutti e tre devastanti per l'Italia: 

"la Bce potrebbe cominciare a monetizzare debito, ovvero a comprare obbligazioni a fine febbraio, garantendo un rally di un mese e mezzo o due durante il quale chi ha in pancia quei bonds potrà venderli a caro prezzo, visto che ci sarà la fila per comprarli. Poi, potrebbe subentrare qualcosa: ad esempio, tre variabili.

La prima, la Corte costituzionale tedesca di Karlsruhe ... fornendo un alibi enorme alla Bundesbank per battere i pugni minacciando fuoco e fiamme (ad esempio, una limata alla quantità di denaro che versa in Target2, il “bancomat” delle banche dell’Unione per mantenere liquido il sistema o lo stop ai versamenti nei vari fondi salva-Stati) e costringendo Mario Draghi a più miti consigli, riducendo di molto gli acquisti e di fatto facendo spaventare a morte il mercato, innescando vendite da panico tipiche di quando tutti vogliono uscire per primi e si lanciano verso l’unica porta disponibile. E lo spread vola alle stelle, con i nostri titoli che perdono di valore e il nostro sistema bancario ... che sconta quelle perdite a bilancio, conoscendo i primi fallimenti e salvataggi di Stato o europei di istituti di credito. Quindi, panico tra la gente che teme di perdere i risparmi, bank-run, ovvero la corsa a ritirare tutto dal conto corrente, controlli di capitale da parte del Tesoro per evitare questa eventualità e oplà, ci ritroviamo nella stessa condizione di Cipro o della Grecia.
 
Seconda ipotesi, a febbraio la Grecia è chiamata a eleggere il nuovo presidente della Repubblica e la Costituzione ellenica in tal senso prevede che ci siano tre votazioni di tempo massimo, le prime due richiedenti la maggioranza dei due terzi, ovvero 200 membri e la terza i tre quinti, ovvero 180. Se però non si arrivasse all’elezione dopo la terza chiama, il Parlamento sarebbe automaticamente sciolto e il presidente uscente chiamato a indire elezioni anticipate entro trenta giorni.
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di fronte all’ipotesi di vittoria di Alexis Tsipras, dichiaratamente anti-austerity e intenzionato a chiedere la cancellazione di parte se non tutto il debito greco, pena una per ora timidamente paventata minaccia di uscita della Grecia dall’euro, i poteri forti internazionali ... faranno di tutto per trovare 25 deputati pronti a correre in soccorso della coalizione, corruzione compresa, ma se per caso non ce la facessero, avete idea come reagirebbe il mercato obbligazionario sovrano all’ipotesi di elezioni anticipate e a una possibile vittoria degli euroscettici di sinistra? Temo che lo spread non resterebbe per molto in area 130 per l’Italia e le danze potrebbero riaprirsi, con la Francia a piangere per le sue detenzioni di debito periferico e la Germania sorniona che guarda i partner europei rantolare, mentre il rendimento del Bund si dirigerà a tutta forza verso livelli giapponesi dello 0,40%.

Terza ipotesi, Mario Draghi diviene candidato potenziale per succedere a Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica, scelta imposta dai poteri forti che hanno bisogno di un loro uomo per gestire la ristrutturazione del debito italiano e la cura di lacrime e sangue che questo imporrà, spogliazione degli ultimi gioielli di famiglia compresa e con le riserve auree in testa. Oppure, senza che l’ipotesi reale della candidatura ci sia, basterà anche soltanto un rumour destabilizzante messo in circolazione involontariamente da qualche fonte autorevole, leggi Financial Times o Wall Street Journal o anche Bloomberg in tal senso.
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A quel punto, con le indiscrezioni - vero o fabbricate ad hoc - che vedono Draghi in uscita dalla Bce (e la perdita della maggioranza in Consiglio rafforzerebbe l’ipotesi di un governatore ormai in disarmo e isolato) e magari con qualche altro rumour ad hoc che paventi nomi di “falchi” per la sua successione, il mercato va nel panico da incertezza e per non restare con il cerino in mano scarica i bond più rischiosi, Italia e Spagna in testa e vola su beni rifugio come Bund, Treasuries Usa e oro (guarda caso alcuni analisti parlano di prospettive apocalittiche, ovvero l’oro a 5000 dollari l’oncia a fine 2015). A quel punto, con lo spread di nuovo ai massimi, il debito in crescita, l’instabilità istituzionale, l’elezione di Mario Draghi potrebbe diventare davvero una sorta panacea necessaria, con il governo di Matteo Renzi pronto a qualsiasi desiderata del nuovo inquilino del Quirinale per il bene della nazione. E sotto il ricatto dello spettro argentino, anche le opposizioni avranno le unghie tagliate e il piano di riforme, tagli e privatizzazioni che gli organismi internazionali hanno deciso per l’Italia potrà avere il via."

A questi tre scenari, aggiungerei un ulteriore scenario internazionale che andrebbe a sommarsi ed aggravare ulteriormente eventuali altre crisi in arrivo:

"Ora è ufficiale il Califfato è ad un passo dall'Italia. E pregiudica, qualsiasi nostra presenza economica e politica in Libia. Anzi l'ex colonia, cruciale per i nostri interessi strategici ed energetici è ormai pronta a trasformarsi in una Somalia mediterranea. 
Una Somalia capace di mettere a rischio la navigazione nel braccio di mare prospiciente le nostre coste meridionali e minacciare la nostra stessa sicurezza nazionale.
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Una situazione ben nota ai nostri servizi, al nostro ministero degli esteri, e al premier Matteo Renzi informato sugli avvenimenti libici qualche giorno prima della visita a Roma del presidente egiziano Abdel Fattah Al Sissi dello scorso 24 novembre. In effetti in alcuni quartieri di Derna, una città di circa 100mila abitanti conosciuta da 15 anni come il santuario dei movimenti alqaidisti libici, la bandiera nera dell'Isis sventola già due mesi.
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La caduta di Derna e dei territori circostanti è, invece, la diretta conseguenza del ritorno dalla Siria e dall'Iraq di 300 veterani dello jihadismo libico.
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In effetti controllando la Cirenaica l'Isis potrebbe muovere armi e combattenti verso oriente congiungersi con le frange più estreme dei Fratelli Musulmani egiziani e stringere in una micidiale tenaglia il presidente El Sissi già minacciato sul fronte orientale dalle formazioni dello Stato Islamico del Sinai. Non a caso il presidente egiziano è venuto a chiedere la collaborazione di un'Italia considerata naturale e indispensabile alleato in virtù non solo degli interessi energetici, ma anche della vicinanza alle coste libiche e dei rischi legati ai flussi migratori in partenza dalle coste della Sirte. Eppure a Roma anche stavolta hanno preferito fingere di non sentire."
(www.ilgiornale.it)

Con la perdita di una quota importante degli approvigionamenti energetici, e la messa in discussione di quelli dalla Russia, rischiamo di veder collassare per sempre la nostra economia. Se a questo si aggiungesse la crisi del debito e la totale perdita di sovranità per il nostro paese sono prevedibili anni se non decenni di recessione. L'Italia non esisterà più, sarà un paese i cui abitanti vivranno al limite di sussistenza. Senza futuro e prospettive. Forse senza neppure la forza per una rivolta, gli italiani si adatteranno alla nuova situazione di povertà cercando di sopravvivere alla meno peggio.


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