giovedì 4 dicembre 2014

Petrodollari forti e vincenti




Il petrolio è necessario per fare funzionare le nostre economie. Le quali da sempre sono sensibili alle variazioni di valore dell'oro nero. Bastano delle variazioni di produzione per mettere in crisi intere nazioni. Come durante lo shock petrolifero degli anni settanta che vide la speculazione scatenarsi dopo una riduzione unilaterale dell'estrazione petrolifera ed un conseguente aumento dei prezzi petroliferi..

Oggi sta avvenendo qualcosa di simile ma al contrario. Un piccolo incremento di produzione combinato ad una diminuzione di consumo, sta schiantando il prezzo del greggio. E come negli anni settanta sta facendo molto male ad alcuni e avvantaggia altri. Questa volta a rimetterci sono i paesi produttori.

Se questa è una guerra del petrolio scatenata dagli Usa, bisogna ammettere che stanno vincendo:

"Rublo ai nuovi minimi storici sui mercati, sempre zavorrato dalle conseguenze delle sanzioni del mondo Occidentale per la crisi ucraina e, soprattutto, per il crollo dei prezzi petroliferi (dai cui la Russia trae le maggiori risorse in entrata).
...
La divisa russa da inizio anno si è svalutata di oltre il 40% rispetto alla moneta europea e di oltre il 60% nei confronti del biglietto verde. Dopo la decisione dell'Opec di confermare le quote produttive del greggio (giovedì scorso) c’è stata un’accelerazione al ribasso del rublo."

(www.ilsole24ore.com)

I russi sono sicuramente una vittima predestinata, avendo minacciato l'egemonia del dollaro americano, in combutta con la Cina. Naturalmente ci sono vittime collaterali in questa guerra energetica contro la Russia. Che visti i trascorsi storici forse non sono poi veramente così collaterali.

"Tra i Paesi esportatori di petrolio quello che rischia di più, in tema di sostenibilità delle spese governative e del debito pubblico, è l'Iran. Il punto di pareggio di bilancio è fissato infatti con un petrolio a 140 dollari al barile
...
l'economia venezuelana rischia il default. Il break even tra spese ed entrate governative in relazione alle esportazioni di petrolio è fissato su un prezzo di 120 dollari al barile, circa il doppio dei valori attuali."

(www.ilsole24ore.com)

Naturalmente a rimetterci sono anche le societá americane dello shale oil. Ma sarà così in una delle economie più finanziarizzate e più sostenute dalla banca centrale?

"... i prezzi bassi possono inibire in maniera sensibile nuovi investimenti negli Stati Uniti. Sospendendo nuove perforazioni negli Stati Uniti, la produzione potrebbe cadere rapidamente. E le perforazioni in oceano aperto che sono state anche importanti per sostenere la produzione negli Stati Uniti e in tutto il mondo, sono diventate ancora più difficili oggi con i prezzi bassi."
(icebergfinanza.finanza.com)

Probabilmente alcune piccole società operanti nel settore del petrolio di scisto falliranno. Ma anche se fallisse tutto il settore e le banche coinvolte, ci sarebbe sempre la Fed alle spalle pronta a coprire le perdite con un nuovo quantitative eading.

Qual'è la morale di tutto ciò? E' che non basta avere giacimenti petroliferi per essere al riparo dalle crisi. Evidentemente è necessaria una buona amministrazione di queste ricchezze, un ambiente sano adatto all'impresa e con poca corruzione. E qui qualche dubbio sul Venezuela ce l'avrei.

Ma anche questo non basta. Bisogna far parte del club giusto. Per esempio l'Opec. Ma ancora non basta , perchè sia Iran che Venezuela ne sono soci.

Bisogna poi anche fare parte dell'alleanza strategica giusta. Per esempio a fianco degli Usa. Ed in effetti, nè Iran, nè Venezuela e neppure la Russia sono in buoni rapporti con gli Usa. E probabilmente quest'ultima situazione è la chiave per capire la guerra sul prezzo del petrolio. Viste così le cose, appaiono molto semplici. Si potrebbe dire che con una fava gli Usa acchiappano tre grossi piccioni: Russia, Iran e Venezuela.

Pagandone un prezzo ovviamente. Il probabile collasso dell'industria estrattiva domestica. Ma forse un rischio calcolato ed accettabile. Mentre il rischio per l'alleato saudita è al momento ancora basso. Il petrodollaro ha di nuovo vinto e sta scacciando i rivali euroasiatici, un petrodollaro con cui si acquista quasi il doppio di petrolio rispetto ad un anno fa.

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