sabato 11 maggio 2013

Estremo oriente epicentro di tensioni

isole Senkaku

Cosa sta succedendo dalle parti del Mar della Cina? Succedono cose che sarebbe bene non sottovalutare troppo, anche qui in Occidente. Sta diventando un epicentro di nuove tensioni politiche ed economiche non da poco.

Ci sono le tensioni di guerra vera della Corea del Nord, che però pare abbia congelato le minacce. Il regime coreano ogni tanto ha bisogna di mostrare  muscoli per far vedere che esiste e per fare propaganda interna: creare un nemico esterno per ricompattare il popolo è un vecchio trucco. E probabilmente le minacce servono per ricontrattare i privilegi dei gerarchi del regime con le banche occidentali.
Ma non è detto che un giorno o l'altro qualche grave incidente bellico possa avvenire sul serio, innescando una pericolosa tensione regionale coinvolgente Cina e Giappone oltre che Corea del Sud.

Poi c'è un altro tipo di guerra, quella meno cruenta ma ugualmente catastrofica innescata dal Giappone: la guerra valutaria. Una guerra commerciale che scatena una concorrenza sempre più sleale tra le grandi potenze economiche dell'estremo oriente: Giappone, Corea e Cina.

La Cina da sempre ha mantenuto artificialmente un cambio della propria moneta molto basso, che unito ad una certa spregiudicatezza nel rispetto delle regole commerciali ed industriali, ha reso le sue esportazioni praticamente impossibili da fronteggiare.

La Corea invece è riuscita a diventare imitatrice degli imitatori per eccellenza, cioè dei Giapponesi, e fargli concorrenza sugli stessi suoi prodotti. E gli è riuscito molto bene. All'inizio i prodotti coreani erano considerati di serie "B", ma poi buone politiche commerciali, il miglioramento continuo dei suoi prodotti e delle sue capacità d'innovazione, hanno reso la Corea un competitore insidioso.

Comunque la guerra valutaria del Giappone ha cominciato ad avere un certo impatto. La borsa di Tokyo, da quando si è cominciato a palesare la possibilità di feroci Quantitative easing, ha cominciato a macinare record su record:


E gli effetti sull'esportazione dell'industria giapponese cominciano ad avvertirsi:

"Honda Motor stima vendite nette di gruppo a livelli record nell'esercizio in corso (al marzo 2014), pari a 12.100 miliardi di yen, con profitti netti in rialzo del 58%, a 580 miliardi (circa 4,5 miliardi di euro). I risultati beneficiano dell'effetto favorevole della frenata dello yen e dell'aumento sulle vendite di veicoli.

Per l'anno fiscale 2012, chiuso al 31 marzo scorso, l'utile netto di gruppo si è attestato a 367,15 miliardi (+73,6%) con la spinta delle vendite salite del 24,3%, a 9.880 miliardi, in ripresa sul 2011 segnato dal sisma/tsunami dell'11 marzo e dalle successive inondazioni in Thailandia.
Honda ha segnato il massimo storico di vendite (+29,2%, a 4,01 milioni di unità) di veicoli a quattro ruote. Al netto del Giappone, l'Asia ha avuto un balzo del 34,1% (a 1,12 milioni) e il Nord America del 30,8% (a 1,73 milioni). Per l'esercizio in corso, il target è di 4,4 milioni (+10,4%)."

(www.motori24.ilsole24ore.com)

Naturalmente fra Corea del sud e Cina, la prima è la nazione dell'estremo oriente ad avvertire subito gli effetti negativi dei Qe nipponici. Non stupisce quindi che la Corea del Sud reagisca in questo modo:

"La Bank of Korea (Bok) ha tagliato i tassi d'interesse di riferimento dello 0,25%, per la prima volta in sette mesi, portandoli al 2,5%, ai minimi dei due anni.

La mossa e' stata decisa per sostenere l'economia alle prese con la debolezza dello yen alimentata dal maxi allentamento quantitativo e qualitativo (Qqe) deciso dalla Bank of Japan (BoJ) a inizio aprile. La mossa punta a contenere una minaccia che rischia di colpire pesantemente l'economia di Seul gia' in forte affanno."

(www.ansa.it)

Ma il Giappone ha nel mirino soprattutto l'obiettivo grosso, cioè la Cina. Con cui ha peraltro anche delle tensioni "muscolari" sulla rivendicazione di alcune isolette nel Mar della Cina:

"... dalle acque del Mar della Cina Orientale emergono le cinque isole e i tre scogli che compongono quelle che i giapponesi chiamano Senkaku Shotō: le Isole Senkaku.
...
L’interesse per le isole Senkaku non è mosso da un velleitario sentimento romantico o patriottico che ha come obbiettivo il ricongiungimento della madrepatria con un suo antico territorio. Il vero motivo che sta alla base di questa lotta fra potenze è da ricercarsi nei mari delle isole Senkaku, che, oltre ad una grande quantità di pesce, offrono ricchi giacimenti di petrolio e gas."

(ilnazionale.net)

La Cina ho l'impressione che sia un gigante con i piedi d'argilla: al primo inciampo potrebbe avvenire un disastro mondiale. La Cina è un'entità economica talmente vasta, ha una società talmente ingiusta, che se crescesse meno del 5% all'anno rischierebbe di collassare. Forse non è nemmeno così pericolosa la guerra valutaria con il Giappone, certo è comunque un ulteriore elemento di instabilità.

La Cina ha in realtà tutti i problemi dei paesi esportatori, come la Germania, ma moltiplicati per cento. Come è noto le economie basate solo sulle esportazioni sono fragili, perché dipendono dal grado di benessere di altre nazioni su cui non hanno potere d'intervento. Oggi la Cina comincia ad avvertire la crisi dell'economia reale dell'Occidente, che a causa anche della Cina stessa, non riesce più a produrre beni e servizi concorrenziali e quindi ad avere un benessere sufficiente per assorbire le importazioni in generale e anche quelle cinesi. 

E' un cane che si morde la coda: la Cina per esportare molto deve svendere a prezzi ridicoli le sue produzioni, ma questa concorrenza sleale sta portando alla distruzione dell'industria occidentale, che sta portando alla contrazione del Pil dei paesi occidentali, e quindi alla contrazione dei consumi interni e delle importazioni anche dalla Cina. E' un circolo vizioso, che alcuni paesi come la Germania cercano di vincere con la deflazione salariale (gli stipendi occidentali tendono a raggiungere verso il basso gli stipendi cinesi - vedi "goofynomics.blogspot.it" ). Ma questo sistema tende sempre più a contrarre il mercato interno e a rendere insostenibile il welfare (del resto in Cina non esiste...).

"Guardando all'enigma Cina, poi, economisti e analisti di tutto il mondo tentano di fare il punto della situazione, cercando di capire in primis se il boom economico degli ultimi anni continuerà ancora, e se la fase di rallentamento confermata dagli ultimi dati macro abbia un valore solo episodico.
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la Cina potrebbe non superare gli Stati Uniti e diventare la prima economia del mondo, scrive la penna di Ambrose Evans-Pritchard, editorialista del Telegraph. Aumentano infatti i dubbi sulla sostenibilità di un miracolo che è durato per ben 30 anni, e che ora sarebbe, se non al capolinea, vicino a esso.
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Le domande, poi, non mancano: i numeri che sono stati sfornati finora sulla crescita del pil cinese, sono stati sempre attendibili? L'interrogativo è più che lecito, soprattutto dopo che il premier Li Keqiang ha rivelato che per misurare la crescita Pechino utilizza l'utilizzo dell'elettricità, i cargo che transitano nelle ferrovie e i prestiti bancari
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Contraddizioni, dunque, nella Cina moderna, che forse non cresce ai ritmi riportati, ma che comunque avanza a un tasso pericoloso, che metterebbe a rischio l'economia globale. Che dire poi dell'ammissione di uno stesso funzionario, che ha detto che le finanze pubbliche dei governi locali sono "fuori controllo"?
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"La prossima volta che vi troverete in Cina e sentirete che starete soffocando respirando l'aria del paese, ricordatevi che tutto quanto è responsabile di quell'inquinamento viene considerato positivo in termini di Pil (a Pechino). Ma se effettuate gli aggiustamenti tenendo conto del degrado ambientale e degli investimenti eccessivi in opere che non saranno mai utilizzate, dovrete conteggiare una flessione dell'economia del 30-50%", ha detto Clyde Prestowitz, economista americano.

L'agenzia di rating Fitch ha già rivisto al ribasso la valutazione sul debito, avvertendo che i credito sono balzati dal 125% al 200% del pil negli ultimi quattro anni, a fronte di una finanza fantasma che ha permesso alle banche di operare senza controlli.

George Soros ha già avvertito che in Cina si potrebbe verificare una "fuga" dal sistema bancario di una portata simile al crack di Lehman Brothers."

(www.wallstreetitalia.com)

Si è sempre detto, che in mancanza degli Usa, la prossima locomotiva economica diventerebbe quella cinese. E' probabile che invece tale eventualità non avvenga. Anzi, le due realtà economiche sono strettamente connesse: se va male una, anche l'altra non ha nulla di cui gioire. La Cina esporta in Usa ed Europa, e con la valuta incamerata investe sui titoli di Stato occidentali. I quali si deprezzano a causa della contrazione delle economie occidentali. Alla fine i cinesi non riusciranno più ad esportare a sufficienza e si ritroveranno in cassaforte una gran quantità di carta straccia in titoli pubblici.

Il problema cinese è che sull'onda del boom economico si sono sprecate molte risorse non solo in corruzione, ma anche in investimenti sbagliati, come quelli nel campo immobiliare. Sono stati costruiti milioni di metri cubi di edifici che oggi sono vuoti e invendibili. La società cinese è ancora molto ingiusta: se nel boom degli anni '60 in Italia è nata anche la classe media, in Cina ciò è avvenuto solo in parte. Gli operai poverissimi ex contadini giunti dalle campagne, hanno trovato si occupazione nell'industria, ma con salari che non gli consentono acquisti immobiliari. 

Peraltro in Cina ci sono alcuni milioni di super milionari, che sono un sintomo di una società profondamente ingiusta. E le società costruite su basi sbagliate, le società chiuse, dove a pochi prescelti è consentito arricchirsi in modo sproporzionato, difficilmente possono raggiungere e mantenere a lungo certi risultati.

Nel Mare della Cina si stanno pertanto concentrando tensioni di vario genere: economiche, politiche e belliche. Se la crisi a livello mondiale dovesse peggiorare, cioè se le varie bolle finanziarie dovessero esplodere, le contraddizioni nell'estremo oriente potrebbero sfociare in crisi molto pericolose. Fino a quella più insidiosa: la guerra vera.

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