venerdì 8 novembre 2013

Bisognerà aiutare la Germania


Vado già oltre la crisi, cioè al dopo euro. Quando l'euro si sfracellerà a causa della sua insostenibilità da parte delle economie periferiche, la Germania resterà da sola o con una modesta compagnia (Finlandia, Olanda...) a condividere una moneta che andrà velocemente a rivalutarsi sulle "lirette" e le altre valute periferiche.

Cosa accadrà ai paesi periferici è stato analizzato abbastanza: aumenterà l'inflazione, probabilmente meno di quanto pensino i disfattisti (vedi "Differenza tra svalutazione e inflazione" e le vicende del 1992), i beni stranieri di qualità diventeranno troppo cari, quindi si rinvigorirà il mercato interno e ricomincerà la produzione di beni nazionali più convenienti. Ci sarà una ripresa che potrà essere forte o debole a seconda della duttilità della struttura economico-sociale del paese sotto svalutazione (per esempio la burocrazia), a seconda del costo delle materie prime importate e a seconda dell'aumento delle esportazioni dei prodotti finiti.

Nel contempo un paese forte come la Germania, abituato a un grande surplus commerciale, vedrà improvvisamente ridursi le sue esportazioni. Tale situazione all'inizio verrà calmierata riducendo prezzi e margini di guadagno. Alcune industrie preferiranno delocalizzare dove i costi di produzione sono più bassi, per esempio nell'est Europa. O addirittura verso il bistrattato sud Europa. Ma riducendosi i margini di guadagno, e aumentando l'indebitamento, poi si dovrà intervenire sul costo del lavoro. Aumenteranno sia la disoccupazione che le sofferenze del sistema bancario. Proprio quel che avviene ora nei Piigs, si trasferirà alla Germania.

Qui oltretutto la "riforma" del lavoro è già stata fatta, infatti oggi i socialdemocratici per partecipare alla grande coalizione di governo chiedono di rinnegare almeno in parte tale riforma. Vorrebbero introdurre un salario minimo di 8,50 euro all'ora, ponendo un limite inferiore al costo del lavoro oltre il quale non si può andare. Questo già oggi potrebbe mettere in difficoltà l'economia tedesca che ha approfittato notevolmente dei minijob sottopagati.

Di quanto si potrebbe contrarre il Pil tedesco in seguito del disfacimento della zona euro? A fine 2012 le esportazioni tedesche "sono cresciute del 3,4% a quota 1.100 miliardi di euro. In sostanza, l’economia tedesca non solo non ha risentito della crisi, ma si è giovata anche delle difficoltà dell’Eurozona" (www.investireoggi.it).

"l’avanzo complessivo del 2012 a quota 188,81 miliardi, il secondo dato più alto per la Germania dall’anno di inizio delle rilevazioni, nel 1950" (www.investireoggi.it) significa che la Germania incamera valuta da altri paesi per una quota pari a circa l'8% del Pil nazionale. Già questo dato indica quale sia il pericolo che corre la Germania, visto che poi la crescita effettiva tedesca è stata al di sotto dell'1%.

Se si valutano i movimenti con l'estero, si scopre che la Germania dipende ancora molto dai propri partner europei.
"L'export tedesco nel primo trimestre 2012, rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente è cresciuto del 5.8% raggiungendo i 276 miliardi di Euro. La crescita verso i 26 paesi membri dell'Unione Europea è stata del 2.2% (a 161.2 miliardi), relativamante debole."
(vocidallagermania.blogspot.it)

Questo significa, anche se i dati riguardano solo il primo trimestre, che le esportazioni in Europa pesano per circa il 55-60% del totale. Di solito la stampa e le fonti governative tedesche invertono il dato mostrandosi giustamente orgogliose della quota di export extra-UE del 35-40%. Ma invece è un dato che dimostra ancora una volta la debolezza della forza tedesca...

Se l'eurozona dovesse spaccarsi con la nascita di nuove monete nazionali si avrebbe un riposizionarsi dei valori delle medesime a seconda della svalutazione a cui andrebbero incontro:

"Nel caso di ritorno alla lira, invece della moneta da un euro, ci ritroveremo con una moneta da 1 nuova lira.
Non è pensabile che si ritorni all'unità di conto del passato. Appena introdotta la nuova lira avrebbe il valore di un euro, poi una delle due incomincerebbe a svalutarsi rispetto all'altra. Naturalmente sarebbe la nuova lira a svalutarsi.

Questa analisi l'ha già condotta la banca nipponica Nomura, mesi fa (il cambio €/$ era 1,34):


Come si vede dallo schema,
1) l'euro è già il nuovo marco. Infatti si rivaluterebbe dell'1,3%;
2) la nuova lira si svaluterebbe del 27%;

Questa stima è in linea con quanto afferma il prof. di economia Bagnai (Ritorno alla lira, un po' di ottimismo) che prevede una svalutazione del 20-30% in base essenzialmente al differenziale di inflazione Italia-Germania e in base ai fondamentali economici. Secondo il professore, però a regime la svalutazione dovrebbe assestarsi intorno al 20%, grazie alla ripresa economica che si genererebbe automaticamente in Italia a causa della svalutazione stessa."

(post: "Se veramente si tornasse alla lira" del 26/05/2012)

Malgrado il report di Nomura abbia più di un anno, ritengo possa ancora ritenersi attendibile. Tracciando un'ipotetica media, in base però al peso della popolazione e della forza economica, si potrebbe affermare che le monete extra euro-marco, si svaluterebbero mediamente di un 20-25%. Lo si può evincere facendo una media aritmetica fra svalutazione di neolira, neofranco e neopesetas, rispetto all'euro attuale; si tratta delle monete dei tre paesi europei più rappresentativi, per dimensioni e vivacità economica, escludendo la Germania.

Questa è una brutta notizia per l'export tedesco. Di solito una svalutazione della moneta corrisponde ad una minor importazione dei paesi che la attuano. E' difficile calcolare quanto possa incidere un aumento di prezzo del 20% sulle quote vendute di un determinato prodotto. Oltre al prezzo, incidono altre componenti. Come la qualità di tale prodotto, la sua desiderabilità che lo rende appetibile malgrado il costo. Basti pensare alle code di lavoratori precari presso gli Apple store per acquistare l'ultimo costosissimo modello di iphone. 

Ma se si ammette che una svalutazione media delle monete europee del 20% possa produrre almeno una contrazione del 5% delle esportazioni della Germania verso Europa, significa per i produttori tedeschi una contrazione delle esportazioni di:
1.100 mld x 55-60% x 5% = 30 o 33 mld.

Che rispetto ad un prodotto interno tedesco complessivo intorno ai 2.500 mld di euro significa una caduta del  1,2-1,3% del Pil, che è superiore alla crescita tedesca del Pil degli ultimi anni. Il che indicherebbe per la Germania un passaggio dalla crescita alla stagnazione, ma potrebbe portare anche alla recessione. Dipende da quanto si ridurrà effettivamente l'export tedesco verso l'Europa, forse molto più di un 5%, vista l'importanza del mercato europeo.

Ecco perché nel caso ci si avviasse verso la dissoluzione dell'euro, bisognerebbe pensare, almeno un attimo dopo se non lo si può fare in anticipo, a dei sistemi per evitare alla Germania di andare in recessione. O di attutirla in un periodo breve. E bisognerebbe farlo approfittando di quel periodo di sbandamento in cui si ritroverebbe la sua classe dirigente politica, che vedrebbe travolti gli attuali dogmi economici. Facendo in modo che il sostegno ai tedeschi, si trasformi soprattutto in sostegno ai consumi interni di beni e servizi prodotti dei paesi europei con moneta svalutata.

Qualcuno ora si chiederà, perché mai dovremmo aiutare i tedeschi, visto il loro stupido comportamento nei confronti dei paesi periferici, ridotti oggi alla fame a causa dell'austerity imposta dal loro governo. 
La mia risposta è che dovremmo proprio evitare i loro errori: noi sappiamo che se un paese vuole vendere i suoi prodotti, deve avere a disposizione dei mercati sani. Sappiamo che la crescita va stimolata intervenendo sulla domanda interna. Sappiamo che ci vuole equilibrio tra export ed import. Sappiamo che ci vuole equilibrio fra le varie aree economiche europee.

Una Germania indebolita dalla crisi, dalla disoccupazione, dal panico non ci servirebbe a nulla. Avere di nuovo un'Europa spaccata fra paesi "virtuosi" e non, dove le fabbriche Renault e Fiat girano a pieno regime e i piazzali Mercedes restano pieni di invenduto (come paventa Prodi), non serve a nessuno. La crisi continuerebbe, non ci sarebbe crescita nemmeno presso i paesi aiutati dalla svalutazione competitiva.

Dobbiamo evitare di ricommettere gli stessi errori, e nello stesso tempo imporre la concezione economica anglosassone e latina, su quella tedesca che come si sta constatando è completamente sbagliata e controproducente. Quando la Germania vedrà il suo modello mercantilista fallire, è bene che si possa offrirgliene uno alternativo subito. E possibilmente che possa far loro capire che certe fobie possono essere superate senza traumi, senza eccessivi problemi, anzi guadagnandoci tutti quanti.

Scrive il tedesco W. Munchau:

"...trovo davvero sorprendente il fatto che ogni volta in Germania non si riesca ad afferrare anche l'aritmetica piu' semplice. Secondo il principio della partita doppia, per ogni transazione ci sono sempre due registrazioni - una per il flusso di merci fisiche e l'altra per il flusso finanziario. Da una parte un avanzo delle partite correnti significa un avanzo nell'export. ... . Da un'altra, un avanzo delle partite correnti equivale ad un eccesso di risparmio rispetto agli investimenti.
...
Giornalisti e politici di solito concludono che l'elevato avanzo commerciale è la conseguenza di una accresciuta competitività.

Il surplus di conto corrente puo' essere espressione, ma non necessariamente lo è, di una maggiore competitività. Per poterlo capire, bisogna spostare l'attenzione sulla seconda voce contabile. La Germania ha un cronico surplus di risparmio
...
Se su di un lato dell'economia ci sono degli avanzi sull'altro ci saranno dei deficit. La Germania e i Paesi Bassi attualmente hanno un avanzo delle partite correnti superiore al 6%. La zona Euro nel suo complesso si sta dirigendo verso un surplus del 3%. Dopo tutto stiamo parlando della seconda area economica mondiale. Il resto del mondo logicamente avrà un deficit, esattamente della stessa dimensione."


Cioè se da una parte c'è un paese che esporta molto, dall'altra ci devono essere nazioni che importano e si indebitano (abitati da pessimi elementi scansafatiche!). Ma Munchau dice di più: chi fornisce la liquidità ai paesi indebitati? I paesi risparmiatori, cioè quelli che esportano di più...
Questa semplice aritmetica ci spiega che il comportamento economico della Germania non può essere adottato da tutti: se tutti esportano più di quanto importano, dove finiscono le produzioni in eccesso? Su Marte?

Ma oltre a questa, i tedeschi hanno anche la fobia dell'iperinflazione, tanto che alla fine hanno fatto piombare l'Europa in piena deflazione. Mentre Usa e Giappone stampando moneta come pazzi, e non riescono ad ottenere l'inflazione che si sono dati per obiettivo... 
Probabilmente quando anche la Germania sarà travolta dalla crisi dell'euro, la Bundesbank non avrà più la forza di opporsi a politiche monetarie espansionistiche della Bce. Sempre che quel giorno l'euro esista ancora.

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