domenica 27 luglio 2014

Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente...


Ormai siamo così, le borse slegate dalla realtà economica, i politici slegati dal governo dell'economia e dalla logica, i giornalisti slegati dalla verità e dal buon senso.

"Come vedere dalla tabella sopra (in rosso) nel ventennio tra il 1861 ed il 1881 il reddito pro-capite degli italiani è cresciuto dello 0,6% annuo in media, mentre (in verde) nel decennio dal 1992 al 2002 di più, dell’1,5%.
Quisquilie? Differenze impercettibili di quasi 1% annuo, che volete che sia.
Beh un modo per convincervi che quisquilie non sono è farvi vedere (le frecce) il numero di anni che si impiegano, a quei tassi di crescita, a raddoppiare il proprio tenore di vita.
Se fossimo sempre cresciuti come nel ventennio del Novecento, ci ricorda Vecchi, ci avremmo messo ben 115 anni a raddoppiare il livello di benessere economico! Se invece (come è poi stato dall’Unità d’Italia in poi) fossimo cresciuti come dal 1992 al 2002, gli anni si sarebbero ridotti a 40. Accipicchia se conta un misero 1%!
Quando il Presidente del Consiglio Renzi afferma che “se la crescita è 0,4 o 0,8 o 1,5 non cambia niente per la vita quotidiana delle persone” mi preoccupa. Molto.
Primo perché proprio il suo bonus di 80 euro di cui esalta l’importanza ha l’impatto di circa 0,7% di PIL (la differenza tra 0,8 e 1,5 di PIL).
Secondo perché sono proprio questi decimali di crescita in più che possono generare occupazione: infatti la differenza tra 1,5 e 0,4 di crescita in più che Renzi ritiene irrilevante abbatte la disoccupazione dello 0,5%, aprendo la strada per un lavoro vero per circa centomila disoccupati."
(www.gustavopiga.it)
(www.ilgrandebluff.info)

Forse il premier è stanco. Ricordarsi di tutte le promesse fatte, e delle relative giustificazioni per non averle mantenute, è un onere gravoso.

Inoltre le riforme che dovevano correre sui binari come un Freccia Rossa, sono già deragliate. I Senatori sono sempre più inviperiti e probabilmente fra le file del Pd e Forza Italia aumentano di giorno in giorno i contrari a questa riforma affrettata. Ormai si è dovuto constatare che non ci sarà la maggioranza parlamentare sufficiente e se le riforme passeranno sarà obbligatorio il referendum confermativo. Qualcosa mi dice che anche questa riforma costituzionale farà la fine di quella berlusconiana del 2006.

Per fortuna alcuni esponenti del Pd ci rincuorano promettendoci elezioni anticipate se i parlamentari (Pd) non voteranno le riforme. E quindi Renzi si dimetterà. Lo dice la Serracchiani come se fosse una minaccia, ma per alcuni politici non solo del Pd potrebbe essere una liberazione.

Comunque è il solito copione politico all'italiana: si comincia a parlare di elezioni, e dopo qualche mese arrivano sul serio. Del resto il renzismo andrà a sbattere contro le sue promesse prima del previsto. E poi la stampella di Alfano sta per cedere: Berlusconi sembra ritornato in sella e alcuni fuoriusciti di Ncd hanno compreso che lontano dal Cavaliere non nasce nessuna alternativa di centro destra. Persino Fini di recente ha affermato che tornerebbe a dialogare con Berlusconi.

Quindi essendo Renzi ormai alla fine (1, 2, 3), alla spicciolata i più scaltri cominciano a calare le scialuppe giù dal governo. Inutile continuare a fare l'elenco delle disfatte economiche dell'Italia e insistere sull'incapacità del governo a porvi rimedio. Sono dati noti a chi frequenta il sistema di informazione alternativa. Chi continua a leggere Repubblica ed il Sole24ore, peggio per lui/lei.

Secondo alcuni commentatori "faccia di bronzo" Renzi vorrebbe andare ad elezioni anticipatamente per capitalizzare il suo successo. Ma io credo che quando succederà sarà il giorno in cui capitalizzerà il suo insuccesso pieno. Naturalmente dirà agli italiani che la casta non lo ha fatto lavorare. Il che non è neppure del tutto falso: diciamo che il sistema politico-burocratico-tecnocratico italiano è difficilmente riformabile. Ci sono lobby interne allo Stato che fanno resistenza.

E poi Renzi non è li per occuparsi di economia: vige sempre lo stesso patto che vigeva con Monti. Il ministro dell'economia segue le direttive europee, la politica si occupa di riformare le istituzioni. Questa volta Napolitano ha voluto dividere meglio i compiti: Padoan governa per conto dell'Europa, Renzi riforma le istituzioni. Il problema è che il sistema è ormai così complicato che non riesce più a riformarsi. Per esempio non sono ancora stati attuati alcuni provvedimenti del governo Monti che necessitano di vari decreti attuativi.

Di questo passo, non solo Renzi, ma qualsiasi premier, con qualsiasi programma, si ritroverebbe bloccato nelle sue promesse. Che abbia ragione chi dice che ci vorrebbe una tabula rasa, un uomo forte?

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