martedì 15 luglio 2014

La fune si spezzerà


Ho molto apprezzato il post di L. Napoleoni su "Ilfattoquotidiano.it" per la sua semplicità e linearità. Partendo dalla vendita di Indesit, l'ennesima industria italiana venduta allo straniero, dimostra che questo non sarebbe avvenuto senza l'euro. Come la cessione di tutte le altre aziende italiane avvenuta negli ultimi tre anni, che ha avuto un deciso incremento rispetto agli anni passati.

"Politiche monetarie, tiro alla fune europeo
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Oggi la Whirlpool vuole potenziarne le vendite e farla tornare ad essere una grande impresa mondiale.

La domanda che viene spontaneo chiedersi è come mai la famiglia Merloni non lo ha fatto. E la risposta è quella che tutti si aspettano: manca il contante perché l’economia italiana è in fase di contrazione da almeno cinque anni, se a questo aggiungiamo l’apprezzamento dell’euro è facile intuire il motivo per cui la domanda interna ed estera sono anch’esse in costante contrazione.

Si torna insomma alla questione dell’euro, moneta troppo forte per l’economia italiana, ed alla politica di austerità che ha ulteriormente depresso quest’ultima. Dal 2010 non si parla d’altro, ma adesso, a distanza di quattro anni i risultati negativi di questi fattori iniziano a vedersi non solo a casa nostra ma anche all’estero.

La Francia, patria della seconda economia di Eurolandia, inizia a manifestare gli stessi sintomi della nostra economia. A differenza dei governi nostrani, però, quello francese ha chiaramente espresso le sue critiche nei confronti di una moneta troppo forte ed ha chiesto una politica monetaria espansiva
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Matteo Renzi ha anche lui alzato la voce a riguardo ma non in relazione alla politica della BCE né ai mali dell’Euro, ... piuttosto chiede alla Merkel di far marcia indietro nei riguardo alle riforme austere imposte all’Unione dal 2010, ad esempio il fiscal compact.

Purtroppo Renzi ed i cosiddetti renziani non si rendono conto, come invece i francesi, che il problema non è perseguire politiche di austerità in casa ed allo stesso tempo far ripartire l’economia, ma tenersi una moneta che non rispecchia le esigenze economiche nazionali ma quelle di altre nazioni, in primis la Germania.

Questa settimana il presidente ed il vice-presidente della Bundesbank hanno criticato Mario Draghi perché la politica monetaria della BCE è troppo espansiva, esattamente l’opposto di quanto affermano i francesi, ai tedeschi i tassi bassi non vanno a genio e vorrebbero tassi più alti. Ed hanno aggiunto che l’euro non è sopravvalutato rispetto alle altre monete forti"

(www.ilfattoquotidiano.it)

Dopo le ferie il governo Renzi verrà smentito, sarà necessaria una manovra abbastanza decisa, perché i conti non tornano. Gli 80 euro non hanno coperture ben definite, ma questo è ancora il male minore. C'è la crescita che non arriva, o peggio potrebbe esserci una crescita finta con i nuovi sistemi di calcolo del Pil.

Una crescita farlocca che consentirebbe al governo di cantar vittoria, ma nello stesso tempo di giustificare una ancora maggiore pressione fiscale, che di sicuro non andrebbe ad abbattersi sulla parte di Pil aggiunto con gli introiti della criminalità, ma sui soliti pochi onesti costretti a pagare le tasse. Continueranno ad essere tartassati, dipendenti, aziende (quelle piccole, le multinazionali evadono alla grande - vedi Fiat...) e immobili.

In ogni caso il Pil reale cala, cioè quello che è in grado di sostenere le spese dello Stato. Il governo pertanto potrebbe essere indotto a tagliare parte dei servizi essenziali, come già avvenuto in Grecia. Di sicuro non è combattendo gli sprechi della casta, o l'evasione fiscale con numeri fantasiosi, che si recupereranno le cifre mancanti. Queste tiritere populistiche funzionano in tv, ma non sono sufficienti a sanare i conti dello Stato.

Inoltre la speculazione internazionale in questi giorni ha dimostrato di avere alcuni dubbi sui Piigs e quindi anche sul debito pubblico italiano. Se dovesse decidere di liberarsi dei nostri titoli di Stato, potrebbe esserci un drammatico aumento della spesa per interessi. Anche se tutto ciò non si avvertirà nell'immediato, poiché lo Stato italiano ha fatto ottimi affari in questo periodo vendendo all'asta titoli con interessi mai così bassi.

Un altro fattore che preoccupa il governo, anche se non lo dimostra apertamente, è il fiscal compact anticipato al 2015, rispetto alla deroga richiesta da Padoan fino al 2016. Ciò significa che già da quest'anno vanno trovate risorse per far fronte ad una botta non indifferente, potrebbe essere dell'ordine di 50 miliardi all'anno. Nel frattempo il debito è salito alle stelle, mai così velocemente come sta avvenedo con il governo Renzi. E qui non è questione di merito o demerito, ma di situazione che sta precipitando sempre più velocemente. Sotto il governo del premier successivo, se le cose non cambieranno, il debito crescerà ancora più velocemente.

Le cose, per quanto possano andare bene, quindi sono destinate ad andare male. Nel senso che se il governo riesce a rispettare tutti i parametri e i paletti fissati dai trattati europei, manda a picco l'economia reale del paese. Se non le rispetta potremmo ritrovarci in una crisi istituzionale seria, e con la Troika in casa a comandare tagli e tasse come è successo in Grecia. La speranza quindi è che non succeda ne l'una, ne l'altra situazione, ma che come ci fa intuire Napoleoni la corda si spezzi. Solo uscendo dalla gabbia eurista riusciremmo a scampare alla distruzione economica del nostro paese.

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