lunedì 28 luglio 2014

Schettino for president



La Costa Concordia ha creato più lavoro di mille promesse della politica: considerazioni sull’insegnamento tratto dal disastro

Piu potè Schettino per incrementare l’impiego in Italia che mille politiche governative: prima l’isola del Giglio con le frotte di turisti anche fuori stagione a vedere il relitto semisommerso, poi Genova per la demolizione. In effetti il comandante Schettino rappresenta bene l’Italia: codardo ma capace, arrogante e geniale. Ha iniziato con l’affondare per una sciocchezza l’ammiraglia della Costa Crociere, poi facendo una manovra di appoggio agli scogli che è al limite dell’impossibile ha salvato migliaia di persone (non commentiamo il suo abbandono della nave mentre rischiava di inabissarsi). Schettino rappresenta bene gli italiani, anch’essi geniali ma mediamente senza coraggio – gli ignavi di dantesca memoria -, non direi arroganti ma certamente incapaci di guardare all’interesse comune se non “incidentalmente”. Ora Schettino con la demolizione della Concordia ha finito per creare 1000 inattesi posti di lavoro a Genova grazie al un contratto di 100 milioni di euro per la demolizione, con conto pagato dalle assicurazioni (estere).

In soldoni la Concordia rappresenta l’equivalente di una piccola multinazionale che trasferisce valore dall’estero all’Italia. Insomma, un po’ come fa ENI che prende petrolio dai paesi in via di sviluppo a basso prezzo e trasferendoli sui mercati globali a prezzi elevati occupa migliaia di persone nel mondo con i propri proventi, soprattutto in Italia dove c’è la sede. Ecco, mi sembra suoni bene: la demolizione della Concordia rappresenta l’equivalente di un asset nazionale.

Forse da questo parossismo, perfettamente centrato nella sostanza al di fuori della tragicità dell’evento, ben si capisce l’importanza di avere situazioni ed aziende che permettono di occupare in Italia grazie alla competenza nel proprio lavoro.”

(www.rischiocalcolato.it)

La situazione economica italiana è sempre più disastrosa, l’unico modo per superare le difficoltà è incrementare il Pil. La famosa crescita che inseguono ormai i governi degli ultimi vent’anni e più.

Incrementare il Pil significa in sostanza investire nel lavoro in Italia. Ma in un paese dove persino la più grande azienda metalmeccanica dell’auto fugge all’estero, verso paradisi fiscali, come potrà mai esserci la crescita? La verità è che nei prossimi anni, quando la zona euro si schianterà definitivamente, si ritornerà agli investimenti di Stato, smentendo tutte le fisime liberiste e ultraliberiste di questi anni folli. Lo Stato è l’unica entità che si può permettere di fare investimenti in piena crisi, quando gli altri attori economici sono in stato comatoso. Ma naturalmente solo se dispone di moneta sovrana.

Per ora non si può far altro che assistere al teatrino politico attorno alle riforme o controriforme del governo. Una guerriglia parlamentare del tutto fuori contesto, se si guarda ai numeri dell’Italia:

“il rapporto tra debito pubblico e Pil, che secondo i parametri europei dovrebbe attestarsi al 60%, è salito al 135,6% dal 132,6% del trimestre precedente. Con un aumento del 5,4% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, quando si attestava al 130,2%. A maggio 2014 il debito è cresciuto a 2.166,3 miliardi di euro, con un incremento di 92 mld di euro rispetto a 12 mesi prima

la crescita economica, il Def del Governo aveva stabilito un rapporto Debito/Pil al 134,9%, basato sulla proiezione di crescita del Pil per il 2014,pari allo 0,8% ed un rapporto di indebitamento netto del 2,6% sul Pil. Sia Bankitalia (+0,2%) che FMI (+0,3%), nel prevedere una crescita più bassa, ritengono inevitabile un buco nei conti che dovrà essere ripianato.

spesa pubblica invece di diminuire è aumentata nei primi 5 mesi del 2014, passando da 181,9 miliardi di euro a 206,7 con un incremento di 25 miliardi di euro.

la disoccupazione: a maggio (Istat) sale ancora il tasso di disoccupazione che si porta al 12,6% rispetto al 12,5% del mese precedente. I giovani senza lavoro sono il 43%, con 2,3 milioni di occupati in meno sotto i 35 anni dal 2004.

Il Fisco: la pressione fiscale, pari al 43,8%,per le imprese arriva al 68,6 % sui profitti, dati che non hanno eguali in tutta Europa e non sono riscontrabili neppure tra i grandi paesi industriali extra Ue.

I consumi: Prosegue il tracollo delle vendite al dettaglio calate del 3,5% su base annua. L’andamento nell’indicare una fase recessiva, conferma che la voce "Consumi interni privati" costituisce circa il 60% del PIL Italiano, per cui se non si riprende questo indicatore, difficilmente il PIL si "riprende".

Sofferenze bancarie: 168,5 miliardi di euro a maggio, con un apporto sofferenze impieghi pari all’8,9%;

Tassi mutui: la presunta maggiore solidità delle banche italiane, è stata pagata da correntisti ed utenti dei servizi bancari, che continuano a pagare su ogni mutuo trentennale di 100.000 euro (fissato oggi al tasso del 5,11% in Italia contro 3,79% dell’area euro), uno spread di circa 30.000 euro in più alla scadenza dei mutuatari europei. “

(www.wallstreetitalia.com)

Non ci resta che sperare nella sostituzione di Renzi con Schettino…

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