mercoledì 5 marzo 2014

Continua lo sfracello italiano


L'era renziana non inizia nel migliore dei modi. Non solo per il modo in cui l'ultimo premier è stato nominato. Qualche giorno fa lo stesso Sindaco d'Italia è rimasto sbalordito dai dati sulla disoccupazione, eppure non è solo lì il problema. Anzi la disoccupazione è il termotro di un'economia che si avvia allo sfracellamento finale, se non si interverrà pesantemente.

E non lo si farà, in quanto l'unico intervento forte che potrebbe risollevare il paese a mio parere è l'abbandono dell'euro, o in subordine il raggiungimento dell'obiettivo vero degli Stati Uniti d'Europa, con tutto quello comporta: debiti in comune e trasferimenti fra aree ricche e povere, nonché l'armonizzazione di tutte le politiche economiche e tutte le normative nazionali.

Interventi impossibili. Quindi si moltiplicano gli allarmi sullo stato dell'economia italiana e non ci sarà Job Act, ma nemmeno sforamento del 3% che possano farci uscire da queste emergenze.

"Le famiglie consumano sempre meno, mentre la pressione fiscale continua a tenere in pugno gli italiani. Secondo i dati forniti dall'Istat, nel 2013 il Pil italiano è caduto in volume dell'1,9%, scendendo leggermente sotto i livelli registrati nel 2000.

Il Pil ai prezzi di mercato - si legge nel documento - è stato pari a 1.560.024 milioni di euro correnti, con una riduzione dello 0,4% rispetto all'anno precedente, anche se la tendenza media negli altri paesi è diversa: negli Stati Uniti e nel Regno Unito sia va al rialzo (1,9% per entrambi), così come in Giappone (1,6%) e in Germania (0,4%).

Il debito pubblico 2013 si attesta intorno al 132.6% Pil, record assoluto da anni a questa parte, segno che la politica economica ha qualche ingranaggio rotto. Le imposte indirette sono diminuite del 3,6%, riflettendo prevalentemente il calo del gettito IMU, dell'IVA e delle accise, mentre per quelle dirette il risultato è una crescita dello 0,6%, essenzialmente per effetto dell'aumento dell'Ires e dell'imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi da capitale. Le unità di lavoro (Ula) sono diminuite dell'1,9%. Il calo ha riguardato sia la componente dei dipendenti (-1,9%) , sia quella degli indipendenti (-2,0%). Il calo ha interessato i settori più disparati: 9,0% per le costruzioni, 1,7% per l'agricoltura, silvicoltura e pesca, 1,4% per l'industria in senso stretto e 1,3% per i servizi.

Le uscite totali della P.a., invece, sono pari al 51,2% del Pil, diminuendo dello 0,2% rispetto al 2012: al loro interno le uscite correnti sono cresciute dello 0,6%. In particolare, i redditi da lavoro dipendente sono diminuiti dello 0,7% (-1,9% nel 2012), quale effetto di una riduzione delle unità di lavoro delle Amministrazioni pubbliche che vedono il permanere dei blocchi sul rinnovo contrattuale. Giù anche i consumi degli italiani: nel 2013 si sono ridotti dell'1,7%, a fronte della diminuzione del 3,2% del 2012. La spesa delle famiglie cala del 2,6% dopo il crollo del 4% del 2012. Giù i consumi alimentari (-3,1%), quelli legati alla sanità (-5,7%) e quelli per l'abbigliamento (-5,2%)."

Se qualcuno contesta il fatto che tali notizia siano riportate nella non imparziale prima pagina online del "Ilgiornale.it", si metta il cuore in pace, le stesse cose le dice "Repubblica.it", solo un pochino più edulcorate per non urtare il partito di riferimento.

"Nella settimana che porterà la Commissione Europea a dare la pagella ai conti pubblici italiani, l'Istat certifica che il rapporto tra il deficit e il Pil italiano è risultato del 3% nel 2013 (47,3 miliardi), sullo stesso livello del 2012, mentre l'avanzo primario (cioè il conto al netto degli interessi) è stato del 2,2% dal 2,5% del 2012. Lo scorso anno, il Prodotto interno lordo è diminuito dell'1,9%: con la caduta dell'ultimo anno il Pil è sceso leggermente sotto i livelli del 2000. Il dato è peggiore dell'ultima stima ufficiale del governo, che prevedeva un calo dell'1,7%; nel 2012 si era registrato un ribasso del 2,4%. Di record si parla, invece, affrontando il capitolo del debito: lo stock accumulato dal Belpaese ha raggiunto nel 2013 il livello massimo del 132,6 per cento, il top al 1990, anno di inizio delle serie storiche confrontabili. Nel 2012 il debito era al 127% del Pil.

Tornando ai dati sul Pil, l'Istituto spiega ancora che dal lato della domanda nel 2013 si registra una caduta in volume del 2,2% dei consumi finali nazionali e del 4,7% degli investimenti fissi lordi, mentre le esportazioni di beni e servizi hanno segnato un aumento dello 0,1%. L'anno scorso,la sola spesa per consumi delle famiglie è diminuita del 2,6%, dopo il crollo del 4% già registrato nel 2012. La spesa per gli alimentari è caduta del 3,1% e così i consumi per alimentari e bevande non alcoliche toccano il livello più basso da sempre, ovvero da quando sono iniziate le serie storiche dell'Istat. L'anno scorso sono stati, infatti, spesi "solo"114 miliardi e 297 milioni di euro (-3,6 miliardi rispetto al 2012). La spesa per la sanità è scesa invece del 5,7% e quella per l'abbigliamento del 5,2%. Le importazioni sono diminuite del 2,8%.

Guardando i singoli settori, il valore aggiunto ha registrato un calo in volume in tutti i principali comparti, ad eccezione dell'agricoltura, silvicoltura e pesca (+0,3%). Le diminuzioni sono state del 3,2% nell'industria in senso stretto, del 5,9% nelle costruzioni e dello 0,9% nei servizi. Un contributo positivo alla variazione del Pil (+0,8 punti percentuali) è venuto dalla domanda estera netta, mentre è risultato ampiamente negativo l’apporto della domanda nazionale (-2,6 punti) e quasi nullo (-0,1 punti) quello della variazione delle scorte.

Tra i dati dell'Istat trova spazio anche la rilevazione sui redditi da lavoro dipendente, che insieme alle retribuzioni lorde sono diminuiti dello 0,5%; le retribuzioni lorde pro capite hanno registrato un incremento dello 2,6% nel settore agricolo, del 2,0% nell’industria in senso stretto, dell’1,8% nelle costruzioni e dello 0,9% nei servizi; nel totale dell’economia l’aumento è stato dell’1,4%.

Quanto al Fisco, la pressione fiscale complessiva (cioè l'ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) è risultata pari al 43,8%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al 2012. L'amministrazione pubblica ha visto calare tanto le entrate quanto le uscite. Le entrate totali della Pa, pari al 48,2% del Pil, sono diminuite dello 0,3% (+2,5% nel 2012). Nel dettaglio, le entrate correnti scendono dello 0,7%, attestandosi al 47,6% del Pil. Le imposte indirette calano del 3,6%, a causa del calo del gettito Imu, Iva e accise. Le imposte dirette salgono dello 0,6%, essenzialmente per effetto dell'aumento dell'Ires e dell'imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi da capitale. Le uscite totali, pari al 51,2% del Pil, sono invece diminuite dello 0,2% rispetto al 2012. Si sottolinea in particolare la dinamica dei redditi da lavoro dipendente: sono diminuiti dello 0,7% (-1,9% nel 2012), "quale effetto di una riduzione delle unità di lavoro e del permanere del blocco dei rinnovi contrattuali"."

(www.repubblica.it)

E forse la certificazione che questo 2014 è peggiore del precedente arriva dalla Snam che monitora i consumi del gas domestico ed industriale. La situazione è piuttosto preoccupante:

"... per quello che riguarda i consumi di Gas Naturale in Italia ho letteralmente fatto un salto sulla sedia.

E mi sono anche andato a controllare le fonti perchè non potevo crederci.

-21,5%

MENO VENTUNOVIRGOLACINQUE PERCENTO!!!!!!!!!!

Ma che Ca@@ (traduzione libera di WTF)

Ma stiamo scheraznado? Va bene che c’è il fotovoltaico e le altre rinnovabili, va bene che magari importiamo di più, va bene che magari a Febbraio 2014 ha fatto caldo, va bene tutto ma questa è roba da bombardamento, numeri incredibili che anticipano il ritorno di una MEGA RECESSIONE altro che luce in fondo al tunnel, altro che lento dissolversi.

Tiene SUI MINIMI il consumo industriale il che è veramente l’unica buona notizia."
(Funnyking - www.rischiocalcolato.it)

 
(consumo di gas - il 2014 è la linea rossa spessa)

 
(produzione termoelettrica con gas)

(consumo industriale di gas - tenuta sui minimi 2013)

(consumo di gas dal 2006)

Non si può che concludere con l'analisi di Seminerio il quale osserva con molto disincanto il tentativo renziano di raddrizzare la nave Concorditalia, già mezza affondata sugli scogli dello spread. Tentativo che potrebbe facilmente fallire.

"Renzi si trova quindi di fronte un paese che ha finito i soldi, che ha un livello di spesa pubblica non elevato rispetto ad altri ma dalla qualità scadente come pochi altri sul pianeta; con una incidenza di persone che “vivono di politica” che a sua volta ha ben pochi uguali in giro per il mondo; e con una popolazione che nasce sul suolo patrio già intimamente convinta che il resto dell'umanità stia tentando di fregarla, e di conseguenza si attrezza per rispondere colpo su colpo, con ogni mezzo più o meno lecito, incluso il culto molto italiano dei “diritti acquisiti” e quello del nemico esterno, dove il concetto di “esterno” spazia dal vicino di casa alla Germania, con annesso florilegio di complotti. La “predicazione” renziana, al netto di alcuni elementi molto, troppo “televisivi” e fatti spesso di disarmanti banalità, si trova in rotta di collisione con il modello culturale dominante in un paese che ha da tempo deciso che “italiani son sempre gli altri”, per citare il pregevole titolo di un libro di un altro arcitaliano, Francesco Cossiga. E che di conseguenza la “spesa pubblica improduttiva” è sempre quella altrui, o che servono soldi pubblici per far tornare rigoglioso il proprio orticello, che è sempre quello che salverà il paese.

I nodi di questa disfunzionalità esistenziale stanno inesorabilmente arrivando al pettine. Il dissesto degli enti locali avanza; presto apparirà chiaro che risposte tradizionali, fatte di aumenti di imposte e polvere sotto il tappeto, sono al capolinea e che il tempo del trauma, cioè dei default, è arrivato a presentare il conto. Renzi dovrà gestire quel tempo, e lo dovrà fare proprio nel momento in cui starà cercando di presentare agli italiani la speranza di un paese diverso, mentre stimola (almeno a parole) il senso di appartenenza comunitaria su scala nazionale che questo paese mai ha realmente avuto, nella propria storia.

Scopriremo presto se Renzi è davvero l'uomo della discontinuità e della “ricostruzione”, e non piuttosto uno dei tanti televenditori di un paese sempre pronto a comprare il Colosseo, credendo di averlo in realtà venduto al vicino. Giusto usare parole di speranza, ma forse ancor più necessario essere pronti a dire agli italiani la verità.

E cioè che andrà molto peggio, prima di andare meglio."

(stradeonline.it)

Nessun commento:

Posta un commento