martedì 4 marzo 2014

Politica estera renziana


Al momento dell'insediamento del governo e prima che la crisi dell'Ucraina diventasse così pericolosa, Renzi aveva solennemente annunciato che la sua prima visita internazionale sarebbe stata in Tunisia.

Diciamo che gli Stati cercano di avere rapporti bilaterali con tutti gli altri, a volte sono più intensi a volte meno. Anche quelli che si dichiarano nemici, ogni tanto vedono i loro capi di Stato incontrarsi per una distensione dei rapporti diplomatici. Quindi non c'è assolutamente nulla di particolarmente strano nel fatto che Renzi si rechi in visita ufficiale in Tunisia.

Quello che però balza subito agli occhi, è la differenza con Monti e Letta, entrambi volati immediatamente a Berlino all'indomani dell'investitura di premier da parte di Re Giorgio. Qui probabilmente c'è un'attenzione mediatica che Renzi avverte al contrario dei suoi predecessori, che non si rendevano conto di quanto fosse odioso agli occhi degli italiani questo comportamento servile. Sia Monti che Letta andavano a rassicurare la cancelliera Merkel che avrebbero assecondato i suoi piani sull'Europa e sull'Italia. Questo è stato evidente a tutti. Anche al vispo Matteo che ha capito che così non si fa.

Infatti mentre ha annunciato pomposamente la visita in Tunisia, ha tenuto segreta quella che farà a Berlino il 17 marzo per discutere con la cancelliera Merkel del suo Job Act. Che se è vero è un fatto piuttosto grave preferisca anticipare i contenuti del provvedimento sul lavoro prima con il governo tedesco e poi con il Parlamento del suo paese. Ma almeno dimostra di conoscere il sentimento profondo dei suoi concittadini, di sapere cosa è giusto e sbagliato. Cosa che non percepisce chi vive nella sua "torre d'avorio" invece che in un'anonima villetta a Pontassieve.

Ma oltre all'attenzione mediatica, potrebbe esserci nella volontà di Renzi e dei poteri che l'hanno trascinato alla premiership, un piano di politica estera ed europea differente da quello seguito dalla caduta di Berlusconi. Cioè il ritorno dell'Italia nel solco delle decennali politiche panarabe e attente al nord Africa a partire da Andreotti, Mattei e culminate con Craxi e Berlusconi. Politiche che si sono interrotte poi proprio con Berlusconi ma non per sua volontà, con la guerra libica recente, in cui siamo stati costretti da potenze esterne a rinnegare la nostra decennale amicizia con i popoli del nord Africa, e quella appena ridefinita con Gheddafy.

"Da sempre un paese che si dichiara amico dell'Italia e degli italiani, la Tunisia, grazie alla sua posizione geografica, una più accessibile fiscalità, e con un rapporto con gli Stati Uniti riservato a un sorvegliato speciale, registra la presenza di numerose nostre aziende che hanno posizionato il loro business, o parte di esso, e può certamente rappresentare una opportunità per Renzi di poter fare bella figura al suo esordio sulla scena internazionale.E qui il pensiero, per un attimo, corre a quello che è successo tre anni fa con lo scoppio della primavera araba e a tutto ciò che poi è accaduto proprio partendo dalla Tunisia interrompendo bruscamente quei rapporti che il nostro amato Paese aveva intessuto per decenni con i paesi che si affacciano a sud del Mediterraneo.

Senza entrare nel merito di quell'accordo siglato per i debiti di guerra tra l'Italia, allora governata da Berlusconi, e la Libia, in pugno al leader maximo Gheddafi (che ha pagato molto caro l' aver riconosciuto l'Italia un Paese amico a dispetto dei francesi dell'allora presidente Sarkozy). O ancora dei rapporti stretti con l'egiziano Mubarak e di vecchia data con il tunisino Ben Alì, si erano in effetti poste le basi per una vera e propria "joint-venture" in chiave mediterranea. Da ricordare i due seminari tenutisi presso la Borsa Valori di Milano (tra il 2008 e il 2010) dedicati ai paesi del Mediterraneo e all'azione che il governo Berlusconi ha profuso per incrementare gli scambi commerciali e lo sviluppo della nostra e della loro economia quando persino la Mediobanca di Alberto Nagel era in procinto di aprire una banca proprio a Tunisi grazie all'interessamento del finanziere Tarak Ben Ammar.

Purtroppo questo non è accaduto. E c'è da pensare che "qualcuno" ci abbia messo lo zampino (forse l'iperattivismo di Sarkozy ? ...e per conto di chi?) accendendo proprio in Tunisia il fuoco della rivolta estesosi nei tempi e nei modi che abbiamo visto in Libia e a seguire in Egitto. Ora Matteo Renzi ha una ottima opportunità di riprendere quel filo di relazioni così bruscamente interrotto per consentire all'Italia di riaprire quei canali necessari per contribuire al rilancio della nostra economia. L'Africa infatti può rappresentare il vero mercato di sbocco per le nostre aziende e la Tunisia ne è una chiave di accesso importante ora che le acque embrano essere un pò più chete. Tutto questo potrebbe provocare non pochi riflessi nei rapporti con i paesi "di peso" europei e in particolare con la Germania, sempre attenta con la Merkel a far quadrare i nostri conti più che a guardare a casa suaè possibile pertanto che la visita di Renzi in Tunisia sia il preludio di un cambiamento geopolitico gradito agli Stati Uniti a favore dei paesi dell'area più latino-europea con l'Italia a fare da capocordata e Spagna, Portogallo e Grecia a mettersi sulla scia verso il Nord Africa?"

(www.linkiesta.it)

Deflazione

Ma a complicare le cose ora ci si è messa la crisi in Ucraina, dove la Russia sente di poter avere una voce molto grossa in capitolo. Già nella crisi siriana il niet russo ad un intervento militare atlantico è stato il principale blocco all'interventismo dell'alleanza occidentale, che di fatto si è ritirata dalla partita siriana.

In più in Ucraina Putin sa di agire con diversi assi nelle maniche. Per esempio due di questi si chiamano Germania ed Italia. Non perché in Italia ci sia l'amico Berlusconi, ma perché entrambi i paesi sono vincolati a filo doppio alle forniture energetiche russe. Credo che alla fine Putin riuscirà a creare una spaccatura (l'ennesima) tra la cancelleria tedesca e la presidenza americana. La Sig.ra Merkel spingerà per dei negoziati che favoranno la spaccatura geografica dell'Ucraina. Almeno la Crimea tornerà ai russi.

In questo modo la Germania salverà le forniture energetiche e i grandi affari con la Russia. Di conseguenza Renzi su questo fronte non dovrà lavorare molto, ma semplicemente mantenere un sano equilibrio tra America e Germania, assecondando comunque le scelte di quest'ultima.

La Germania purtroppo da questa crisi avrà anche un vantaggio indiretto, che sfavorirà ulteriormente i paesi periferici europei. Infatti la crisi Ucraina sta facendo salire le quotazioni dei prodotti petroliferi, e questo causerà un generale aumento dell'inflazione nella zona euro. Tutti gli allarmi sulla deflazione che aggredisce l'Europa svaniranno, e Merkel, Bundesbank e di conseguenza Draghi potranno dire che non c'è nessuna emergenza deflazione e pertanto non ci sarà bisogno di nessuna politica monetaria espansionista.

Ci sarà l'ennesimo rimando di provvedimenti necessari a dare un po' di crescita (tipo Ltro 3?) ai periferici, che oltre a soffocare in un'inutile austerità che non farà uscire nessuno dalla crisi, saranno sottoposti ad un ulteriore aumento dei costi di produzione che contribuirà ad affondare ancora il loro manifatturiero e le Pmi.
L'inflazione in crescita farà dire ai cultori dell'"austerità espansiva" che non ci troviamo nel ciclo di Frenkel, e che l'euro non è come le altre unioni monetarie, "Questa volta è diverso...".

Nessun commento:

Posta un commento