venerdì 27 giugno 2014

Le riforme renziane non fermeranno il declino italiano


Viste le previsioni di nuove cadute del Pil da parte di Confindustria, appare abbastanza probabile che anche il 2014 si chiuderà con il segno meno. Del resto se risulta sballata la previsione per gli Usa che comunque un po' di crescita in più l'hanno vista, figuriamo per per l'Italia.

"La Federal Reserve ha parlato di un rallentamento temporaneo nel primo trimestre, l’amministrazione Obama ha più volte sottolineato che la frenata del Pil non doveva essere motivo di preoccupazione. Bisognerà vedere cosa diranno ora che il dato del primo trimestre è stato rivisto drasticamente al ribasso, da -1 a -2,9%, il calo peggiore dal -5,9% del primo trimestre 2009, quando la recessione si avviava a conclusione.

Ricordo a tutti coloro che si fossero messi in ascolto solo in questo momento con la realtà, dopo aver vissuto di illusioni che anche nel quarto trimestre 2013 la crescita era stata del 0,4 %.

Per correttezza è giusto informare il gentile pubblico che la recentissima previsione da parte della Federal Reserve che unitamente a FMI e World Bank stimavano la crescita complessiva del PIL per l’intero anno 2014 intorno al 2,1 % è carta straccia.

Serve una crescita del 4 % per ognuno dei prossimi tre trimestri per rispettare, una già infelice previsione."

(icebergfinanza.finanza.com)

Per cui la previsione negativa di Confindustria mi pare ancora troppo ottimistica:

"Gli economisti di Confindustria hanno rivisto "all'ingiù le previsioni per l'economia italiana nel 2014-2015". Il Centro studi di via dell'Astronomia prevede ora che il Pil dell'Italia si fermerà al +,02% nel 2014, un taglio rispetto alle previsioni del scorso dicembre che indicavano un +0,7%. Per il 2015 la crescita attesa scende dal +1,2% al +1%."
(www.wallstreetitalia.com)

Si va sempre più giù. Gli italiani però hanno comportamenti contradditori di fronte alla crisi, forse perché non hanno capito da dove è arrivata. Probabilmente malgrado il tracollo di mezza Europa, molti credono ancora alla fola che è stato Berlusconi a distruggere l'Italia. Ha le sue responsabilità, ma non è a causa delle "olgettine" che siamo in questa situazione, ma di una politica economica pianificata al di fuori dall'Italia e a cui Berlusconi non ha voluto o saputo opporsi.

Oggi però la maggioranza degli italiani pensa che è colpa della corruzione e della Kasta, del Mose e dell'Expo, come se bastassero quei milioni rubati a ribaltare le sorti dell'Italia.

Malgrado ci sia un malessere diffuso verso i politici, hanno dato fiducia al sistema. Forse credendo che Renzi fosse fuori dal sistema. Però contemporaneamente la fiducia degli italiani è ai minimi termini. Non fanno più figli e quelli capaci emigrano di nuovo in cerca di fortuna (vedi "Istat: calano le nascite e l’immigrazione. Cresce l’emigrazione").
Anche chi è consapevole delle cause della crisi continua ad aggirare il tema principale.

"possiamo osservare che in Italia stiamo viaggiando a ritroso in una infernale macchina del tempo, visto che il Pil pro capite è tornato all’anno 1996, la produzione industriale addirittura al 1986, gli investimenti al 1994. Poi, i margini sono in grave sofferenza, in particolare nel manifatturiero, mentre la quota di valore aggiunto assorbita dal lavoro è in aumento.
...
C’è una slide della relazione del CSC che illustra a colpo d’occhio la peculiarità di questa crisi infinita: le stime di crescita vengono sistematicamente rettificate al ribasso, e non solo nel nostro caso. Ma quali ricette per uscirne, quindi? Per il CSC serve aumentare il tasso di partecipazione alla forza lavoro, per “donne, ultrasessantenni e lavoratori non qualificati”. E qui avremmo dei seri dubbi, non nel principio in sé ma nella sua fattibilità nella attuale fase. Forse questo suggerimento serve ad occultare l’esigenza di una troncata epocale alle retribuzioni del resto della popolazione? E poi si invocano gli immancabili “investimenti” ma anche qui non ci è per nulla chiaro: quelli privati sono frenati dalla latitanza della domanda, oltre che dal credit crunch; quelli pubblici dallo stock del debito, almeno a livello nazionale. Parliamo quindi di investimenti infrastrutturali comunitari? Se si, ne parleranno per tutta l’estate, a Bruxelles e dintorni, ed il rischio che la montagna partorisca l’ennesimo topolino è piuttosto elevato.

Anche perché abbiamo perso anni accumulando debito come unica conseguenza di misure folli di austerità, ed ora abbiamo vincoli evidenti all’idea di creare ulteriore debito per cavarci dai guai. L’impressione è che siamo finiti in un angolo, come Eurozona. E l’Italia, per dirla con il centro studi guidato da Luca Paolazzi, cammina sul filo del rasoio. Per essere più precisi, su quello del dissesto. Che, detto in questo modo, non rende appieno l’idea delle conseguenze che si abbatteranno sulla vita di tutti noi."

(phastidio.net)

L'impressione è che siamo finiti in un angolo? Siamo nel bel mezzo di un ciclo di Frenkel da cambio fisso (cioè da moneta unica), siano al punto 6:

"1) Il Paese accettando l’unione monetaria, liberalizza i movimenti di capitale.

2) Affluiscono i capitali esteri, che trovano conveniente investire in un Paese dove i tassi di interesse sono più alti, ma è venuto meno il rischio di cambio.

3) Il flusso di liquidità fa crescere consumi e investimenti, quindi crescono Pil e occupazione.

4) Tuttavia aumentano anche l’inflazione e il debito privato; inoltre si creano bolle azionarie e immobiliari.

5) Un evento casuale crea panico tra gli investitori stranieri, che arrestano i finanziamenti.

6) Inizia la crisi: si innesca un circolo vizioso tra calo del Pil e aumento del debito pubblico. Il governo taglia la spesa pubblica o aumenta le tasse, aggravando la recessione.

7) Il Paese è costretto ad abbandonare il cambio fisso e a svalutare."

(it.m.wikipedia.org)

Anzi siamo ormai al penultimo gradino di questo girone infernale. Ecco perché le "riforme" o controriforme di Renzi non serviranno a nulla. Saranno un solletico sulla pancia della recessione. Si tratta di riforme farlocche, su cui peraltro sono molto ottimista. Nel senso che non ne vedo arrivare nemmeno una a meta.

Comunque le riforme dirette sull'economia, come il job act o quella sulla P.A. sono insufficienti. Il job act ad esempio sarà ancora più deleterio sull'economia della situazione attuale perché renderà ancora più incerta la domanda oggi agonizzante, rendendo il lavoro ancora più precario.

Per quanto riguarda le altre riforme, come la castrazione del Senato e la legge elettorale, non serviranno a nulla. Non daranno alcun contributo positivo all'economia, e se lo daranno sarà in tempi biblici. Qui l'Italia crolla ad una velocità sempre maggiore, e se crediamo che sia solo una situazione peculiare nostrana, si può osservare lo stesso fenomeno di accelerazione verso il disastro in Francia. 

Renzi come Buffon non riuscirà a parare il gol decisivo, che ci sbatterà fuori dal campionato dell'eurozona.

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